No, non è Ruini
Democrazia, Costituzione, premierato. La loquacità tutta politica del cardinale Zuppi
Il cardinale Zuppi, presidente della Cei, ha partecipato a una tavola rotonda assieme a costituzionalisti e giuristi vari. E non ha parlato di fine vita, ma di premierato. Che il binomio Stato-Chiesa sia ormai anacronistico?
I rapporti con la politica sono affari vostri, disse – più o meno così – Papa Francesco agli albori del suo pontificato, nel 2013, ricevendo la cospicua pletora di vescovi della Cei in Vaticano. L’attuale presidente, il cardinale Matteo Maria Zuppi, ha messo in pratica il dettame pontificio e da giorni presenzia a Trieste per la Settimana sociale lì convocata, in attesa della messa che Bergoglio celebrerà domenica. Lo schema dell’evento – vedasi il programma – più che dai preti sembra organizzato dai segretari di partito. Si prenda la prima pagina di Avvenire di ieri, il cui titolo pareva il manifesto elettorale di qualche raggruppamento in cerca d’un pugno di seggi in una circoscrizione provinciale: “Diritti e riforme giuste, ecco l’agenda di Trieste”.
All’interno, l’ennesimo intervento di don Matteo Zuppi che – con “uno scherzo da prete”, ipse dixit – ha partecipato a una tavola rotonda sul tema non troppo originale “Democrazia e Costituzione”, che vedeva riuniti ben quattro presidenti emeriti della Consulta, costituzionalisti e giuristi vari. Sarebbe stata l’occasione, visto il parterre, di porre forse qualche domanda sull’imminente sentenza sul fine vita, che tanto dilania la coscienza dell’uomo contemporaneo. Invece, no. “Se la legge elettorale è definita ‘Porcellum’ da chi l’ha scritta, si dovrebbe partire da lì, per cambiarla, per riavvicinare le persone al gusto per il bene comune”. Se non fosse chiaro il concetto, l’arcivescovo di Bologna ha voluto ringraziare Sergio Mattarella per il suo intervento nella giornata inaugurale, discorso “molto chiaro e molto fermo, svolto con saggezza e approfondimento storico”. Per la cronaca, il presidente della Repubblica s’era soffermato sulla critica agli “autoritarismi prevaricatori”, definizione universalmente interpretata – anche dagli emeriti presidenti della Consulta lì presenti – come una critica alla riforma del premierato. Dopotutto, Zuppi s’era già espresso nel merito, avvertendo che ci sarebbe voluta “molta attenzione” nel toccare gli equilibri individuati dalla Carta del 1948. E pensare che vent’anni fa s’accusava Camillo Ruini di ingerenza negli affari dello stato quando parlava di bioetica.