La persecuzione sandinista in Nicaragua. Obiettivo: eliminare la Chiesa
In sei anni, documentati 870 attacchi. Banditi, espulsi ed esiliati 247 religiosi. L'attivista Martha Patricia Molina al Foglio: "Ortega odia la Chiesa, si crede Dio e aspira a essere venerato"
La Provincia centroamericana della Compagnia di Gesù ha emesso una Nota in cui si legge che vi è “la necessità di enfatizzare che questa aggressione si inquadra in un contesto nazionale di repressione sistematica, che continua contro qualunque persona o istituzione che risultare sospetta di non essere d'accordo con il regime, incluse le istituzioni religiose"
Roma. Prima ancora che il governo sandinista ipotizzasse a ridosso di Ferragosto la tassazione delle elemosine, la Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) ha manifestato la sua preoccupazione per la “persistente repressione in Nicaragua, caratterizzata dalla persecuzione religiosa, dal proseguimento delle detenzioni arbitrarie e dalle gravi condizioni in cui versano coloro che sono detenuti” . Nei primi dieci giorni d'agosto, la commissione ha ricevuto informazioni dettagliate su diverse incursioni effettuate dalla polizia in case e proprietà della Chiesa cattolica. Dodici sacerdoti e almeno due collaboratori laici sono stati arrestati. Le turbas governative si sono date da fare in particolare nelle diocesi di Matagalpa ed Estelí , territori amministrati da mons. Rolando Álvarez, che dopo la condanna in tribunale a ventisei anni di carcere ei mesi passati nel penitenziario di massima sicurezza della capitale, è stato esiliato a Roma all'inizio dell'anno. Proprio la liberazione di Álvarez, insieme a quella di mons. Isidoro Mora Ortega e altri diciassette fra sacerdoti e seminaristi, aveva fatto pensare a un primo passo verso il disgelo nei complicati rapporti fra il regime sandinista e la Santa Sede. Il presidente Daniel Ortega aveva perfino ringraziato il segretario di stato Pietro Parolin e il Papa, dopo una teoria di insulti proferiti per anni su tutti i mezzi di comunicazione a disposizione. Ringraziamenti che avevano un sommesso: ora il Vaticano nomini in fretta vescovi graditi al regime.
In realtà la repressione continua a dispiegarsi con forza. “La dittatura sandinista odia la Chiesa cattolica, perseguita i cristiani e ha un'ossessione totale per vedere distrutto mons. Álvarez e tutto ciò che ha a che fare con lui e per questo ha ridotto al trenta per cento il numero dei parroci della diocesi di Matagalpa, dove Álvarez è a capo della diocesi. Ha anche confiscato il suo palazzo episcopale dove il vescovo abitava. Il settanta per cento del clero di Matagalpa è esiliato e bandito. La dittatura intende eliminare la presenza della Chiesa cattolica nella diocesi di Matagalpa per vendicarsi di Álvarez”, dice al Foglio Martha Patricia Molina, avvocato e attivista costretta a riparare in Texas per sfuggire alle turbas di Ortega . E' evidente, dice “l'assoluta mancanza di rispetto di Daniel Ortega e Rosario Murillo (moglie e vicepresidente, ndr) per la libertà religiosa” . Ma a cosa si deve la furia della coppia presidenziale contro la Chiesa? “Perché sono comunisti”, spiega Molina: “Sono atei, non credono in Dio, ma sono anche criminali che non hanno mai rispettato la legge. Daniel Ortega e la sua consorte sono un binomio che si crede Dio e aspira a essere venerato dai cittadini a livello nazionale e internazionale. Perseguitano la fede perché sanno che un essere umano formato all'etica, ai valori e alla fede è un cittadino che non possono facilmente convincere e, poiché fanno parte di uno stato criminale, cercano di reificare l'essere umano in modo che non sente nulla o vede come naturale quando la polizia, l'esercito e i paramilitari torturano e assassinano chiunque si opponga a loro. La dittatura è opportunista e approfitta sempre di diverse situazioni per far credere al mondo che sono cristiani, come affermano nel loro slogan, ma un cristiano non commette crimini contro l'umanità come fanno Ortega e sua moglie”.
Nel rapporto pubblicato dalla Cidh nel 2023, si constata che la persecuzione religiosa si è intensificata attraverso la detenzione arbitraria e l'espulsione di religiosi senza garanzie di giusto processo.
Non solo: il governo ha reiterato il divieto a celebrare messe e altri riti religiosi. Sono state chiuse stazioni radio, centri di studio e università cattoliche. Proprio nei giorni scorsi, la Provincia centroamericana della Compagnia di Gesù ha diffuso un comunicato in cui osserva che “a un anno dall'ingiustificata confisca dell'Uca (l'università dei gesuiti di Managua), la repressione governativa continua e l'esigenza di la giustizia aumenta”. I gesuiti scrivono nella loro Nota che vi è “la necessità di enfatizzare che questa aggressione si inquadra in un contesto nazionale di repressione sistematica, che continua contro qualunque persona o istituzione che risultare sospetta di non essere d'accordo con il regime, incluse le istituzioni religiose. Repressione che è stata qualificata come ' crimine di lesa umanità' dal gruppo di esperti in diritti umani sul Nicaragua e confermata dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite”.
Il 7 agosto scorso, un altro gruppo di guardie custodi nel paese centroamericano è stato esiliato a Roma. Ancora una volta, tutti incardinati nelle diocesi di Matagalpa ed Estelí. Si è trattato del quinto gruppo espulso dall'ottobre del 2022. La Chiesa viene privata anche della possibilità di aiutare chi è in difficoltà : il governo ha infatti revocato lo status giuridico della Caritas nella diocesi di Matagalpa e di altre millecinquecento organizzazioni non governative, compresi gruppi legati a confessioni protestanti. Dal 2018, stima il New York Times, sono state più di cinquemila le ong chiuse in Nicaragua. La giustificazione è sempre la stessa: non hanno presentato le necessarie relazioni finanziarie tra il 2020 e il 2023 e – per quanto riguarda la Caritas – il suo consiglio di amministrazione è ormai scaduto. Domenica 11 agosto, la polizia ha arrestato don Denis Martínez, che si era recato a Matagalpa per celebrare la messa, data la scarsità di clero. Altri undici sacerdoti erano stati arrestati tra il 26 luglio e il 3 agosto, secondo quanto riportato da Christian Solidarity Worldwide (Csw). “Dall'aprile del 2018 allo scorso luglio, lo studio 'Nicaragua: una Chiesa perseguitata?' ha documentato 870 attacchi condotti dalla dittatura sandinista contro la Chiesa cattolica nicaraguense ”, osserva Martha Patricia Molina. “La dittatura sandinista – continua – ha bandito, espulso e costretto all'esilio 247 religiosi e religiose. Alcuni di loro sono fuggiti perché minacciati di morte e di finire imprigionati dalla Polizia nazionale e dai sindaci di diverse località del paese”. Tra quanti sono stati espulsi, ricordava Vatican News citando fonti locali, c'è anche il nunzio apostolico Waldemar Sommertag. E poi tre vescovi, 136 sacerdoti, tre diaconi, undici seminaristi e 91 tra suere (comprese le missionarie della Carità di Madre Teresa) e religiosi. Numeri che, come s'è visto, sono destinati a essere aggiornati quotidianamente. Le trattative, complicate anche dall'esuberanza della coppia presidenziale assai distante dai tradizionali canoni della diplomazia, al momento si concretizzano nel favorire l'accoglimento a Roma dei sacerdoti arrestati. Che poi è quello che fin dal principio voleva Ortega, furibondo perché mons. Álvarez aveva preferito farsi arrestare anziché imbarcarsi su un aereo per Miami.
Il problema è che nel paese la libertà religiosa è ormai una chimera, fra arresti, minacce, divieti e perfino tagli alle assicurazioni sanitarie dei sacerdoti . Il dubbio è se la strategia diplomatica della Santa Sede – silenzio, prudenza e fari rigorosamente spesi – paghi. Dice Molina: «Noi laici siamo sempre in attesa di sentire la voce dei nostri pastori. In Nicaragua c'è un profondo silenzio. Abbiamo completamente vescovi muti. Da una parte ci sono pastori che hanno paura e prudentemente tacciono, dall'altra ci sono almeno cinque vescovi e sacerdoti che flirtano con il regime sandinista, motivo per cui il silenzio è ancora più accentuato. Può darsi che la strategia della Santa Sede in questo momento sia quella del silenzio o che segua sempre la politica di decentramento in cui Papa Francesco lascia che le conferenze episcopali locali risolvano i propri affari. In ogni caso, se il silenzio è una strategia per calmare le acque, non ha funzionato, perché la dittatura attacca quotidianamente la Chiesa cattolica ”.
Editoriali
Mancavano giusto le lodi papali all'Iran
l'anticipazione