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Tutto pronto per il gran finale del Sinodo, senza i temi più controversi

Il cardinale José Tolentino ha tracciato la rotta: "Dobbiamo fare dell'essere insieme una risorsa e dobbiamo vedere la Chiesa non in modo piramidale, ma come un corpo. Il sinodo ci aiuterà a vedere questo chiaramente"

Matteo Matzuzzi

Tra poche settimane si aprirà la fase conclusiva del Sinodo sulla sinodalità. Grande attesa, ma dall'ordine del giorno sono già sparite le questioni più divisive

Tra poche settimane si terrà a Roma la fase conclusiva del Sinodo sulla sinodalità, piccolo Vaticano III (nelle antiche intenzioni dei novatori più speranzosi) che ha coinvolto le Chiese di tutto il mondo per anni, anche se in misura assai meno notevole di quanto ipotizzato all’inizio. Fino all’autunno del 2023, il programma “rivoluzionario” pareva veleggiare con il vento in poppa: si davano per certo le diaconesse sull’altare, la rivisitazione del celibato sacerdotale – cardinali, vescovi e sacerdoti facevano a gara per far sapere al mondo che non è un dogma e come tale può essere cambiato e adattato ai tempi –, l’aggiornamento della morale sessuale (anche qui, per adeguarla ai tempi). La sessione dello scorso anno, però, nonostante le procedure innovative volte a smussare pericolosi angoli di frizione tra i padri e le madri sinodali, ha prodotto un documento compromissorio: niente porte spalancate alle innovazioni né chiusure drastiche, ma molti auspici di camminare ancora, di approfondire, di studiare, di valutare tutto. S’è detto che un documento più netto non sarebbe mai passato, come si è appurato solo un mese e mezzo più tardi, con diversi episcopati – e non solo quello africano – che si sono ribellati alla promulgazione di Fiducia supplicans, documento del dicastero per la Dottrina della fede che ha se non altro avuto il merito di mostrare che, al di là delle consuete parole sull’unità, la Chiesa su questioni non trascurabili è divisa. Dopo Fiducia supplicans, il Papa ha intuito che la sessione sinodale del 2024 sarebbe finita male, tra regolamenti di conti e gruppi organizzati pronti a bloccare ogni apertura (o chiusura) della controparte, in una copia brutta del doppio Sinodo sulla famiglia di dieci anni fa, passato alla storia più per gli scontri che per i contenuti. Di qui la decisione di avocare a dieci gruppi di studio creati ad hoc le questioni più delicate, che poi sono quelle su cui allo stato è impossibile trovare un accordo, a meno di rivedere le prese di posizione di vescovi e conferenze episcopali contro Roma come accaduto lo scorso inverno. Niente celibato né diaconesse – su cui Francesco, a sorpresa, ha già chiuso in un’intervista televisiva alla Cbs – tantomeno svolte sulle questioni sessuali. Tutto per salvare il Sinodo sulla sinodalità. 

 

Il cardinale portoghese José Tolentino de Mendonça, il cui nome ricorre sempre più spesso nei conciliaboli di cardinali e intellettuali (perlopiù italiani) che vorrebbero una successione in continuità a Bergoglio ma senza le sorprese non di rado traumatiche che ha riservato il presente pontificato, in un’intervista di qualche settimana fa alla Nación ha detto che questo “è un sinodo molto importante e penso che la questione della sinodalità segnerà la Chiesa del futuro. Papa Francesco ha avuto una grande intuizione nel promuovere questo sinodo, perché la Chiesa deve crescere. Ma per crescere, deve farlo attraverso un dialogo con sé stessa, attivando tutte le mediazioni e la partecipazione dei battezzati. E’ da questa partecipazione che nasceranno molte altre cose, ma dobbiamo fare dell’essere insieme una risorsa e dobbiamo vedere la Chiesa non in modo piramidale, ma come un corpo. Il sinodo ci aiuterà a vedere questo chiaramente. Più che un tema o l’altro, è proprio la partecipazione e la vocazione dei battezzati che danno alla Chiesa un volto sinodale, che penso avrà una grande conseguenza in futuro”.

 

E’ chiaro che il Papa non vuole che il Sinodo sulla sinodalità si fermi su un tema specifico, perché ne segnerebbe il fallimento. Un dibattito – mediatico, innanzitutto – sul celibato o sulle questioni lgbtq+ finirebbe per banalizzare quella che Francesco vuole sia la grande eredità del pontificato: un cambiamento radicale nella concezione di quello che è la Chiesa, non un edificio chiuso con in cima un sovrano chiuso nella sua torre, ma un concerto di popoli in comunione. Che poi è quanto ha detto Tolentino. Impresa ardua, considerando le tante fughe in avanti e le altrettanto notevoli resistenze rumorose. Fare sintesi è l’obiettivo, si vedrà quanto sia praticabile.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.