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Medio Oriente

Il dramma dei cristiani in Siria: erano due milioni, ora sono 500 mila

Mario Zenari

L’esodo non si ferma e il rischio sempre più concreto è quello di vedere nascere una società mono-culturale e mono-religiosa. Il doloroso bilancio di quattordici anni di guerra, in un paese che rischia di perdere la propria finestra aperta sul mondo

I cristiani hanno sofferto come tutti e più di tutti gli altri. In questo genere di conflitti i gruppi minoritari costituiscono, infatti, l’anello più debole della catena. Hanno subito intimidazioni e maltrattamenti da parte soprattutto di jihadisti venuti dalla Cecenia, dalla Mongolia, dall’Arabia Saudita e dai paesi del Maghreb. Questi hanno profanato edifici sacri, altari, icone e croci. Hanno esercitato pressioni per convertire i cristiani all’islam. Talvolta hanno sequestrato alcuni di loro per riscatto. Nonostante tutto ciò i casi di esecuzione in odium fidei sembrano essere molto rari (probabilmente un paio di casi a Maalula). Questi jihadisti hanno, invece, tagliato le gole, come nel cosiddetto “Stato islamico”, a numerosi musulmani colpevoli di aver trasgredito le prescrizioni coraniche, bevendo alcol o rubando.

E’ da tener presente che la qualifica di “martire” si applica in Medio oriente a molte persone morte in varie circostanze, e ogni parrocchia conserva l’elenco dei propri “martiri”. Sono cristiani, in genere, morti sotto le bombe, tra fuochi incrociati o in altre circostanze. A tale proposito è doveroso ricordare l’anziano gesuita olandese, Frans van der Lugt, il prete siro-cattolico François Mourad e un paio di sacerdoti ortodossi, tutti uccisi in circostanze non chiare. Quanto ai martiri, nel senso proprio del termine, la Chiesa di Siria vivrà un evento del tutto particolare e gioioso il 20 ottobre, quando verranno iscritti all’Albo dei santi Manuel Ruiz López dell’Ordine dei frati minori e sette compagni, e Francesco, Mooti e Raffaele Massabki, fratelli laici, martiri. E’ la catena del martirio che continua ininterrotta.

Nonostante molte restrizioni e difficoltà, in genere, è lasciata ai cristiani la possibilità di partecipare alla preghiera. Nella provincia di Idleb, nel nord-ovest, sono rimaste, in territorio controllato dal movimento jihadista Al Nousra, tre parrocchie latine, a cui si sono aggregati alcuni fedeli ortodossi. Ogni giorno partecipa alla Messa un consistente numero di cristiani. Il Venerdì Santo, poi, è bello vedere, mi diceva il parroco, fedeli arrivare da ogni parte su trattori e carrette per partecipare alla liturgia della Passione.

Nonostante tutte le prove e maltrattamenti, la più grave sofferenza di queste Chiese siriane è costituita dalla perdita di circa due terzi dei propri fedeli. E’ molto difficile avere statistiche attendibili, ma si calcola che dai circa due milioni prima del conflitto (cattolici, ortodossi, protestanti) si sia passati ora a circa mezzo milione. E l’esodo non si ferma. Ad Aleppo, prima del conflitto, i cristiani erano circa 150 mila; ora sono meno di 30 mila, continuamente in calo. Molti di questi fedeli, non trovando una Chiesa del proprio rito nei paesi dove emigrano, finiscono per associarsi alla Chiesa latina e, a poco a poco, i figli e i nipoti perderanno il legame con la Chiesa dei propri genitori e nonni. Così, per queste Chiese orientali, in molti casi la partenza dei propri fedeli significa una perdita definitiva, anche perché, in genere, i cristiani che emigrano nei paesi occidentali non fanno più ritorno al loro paese di origine.

La partenza dei cristiani costituisce una grave perdita anche per la stessa società siriana. In genere, essi sono bene accetti per il loro spirito aperto, e nei villaggi misti la coabitazione tra musulmani e cristiani è buona. All’inizio del conflitto, vennero in Nunziatura una decina di capi-villaggio musulmani per esprimermi la loro tristezza nel veder partire i loro concittadini cristiani. E’ inoltre da notare che i cristiani, nei duemila anni di presenza, hanno dato un notevole contributo allo sviluppo del loro paese, nel campo culturale, educativo (scuole), della salute (ospedali), dell’economia e anche della politica. Basti pensare al famoso statista cristiano Fares Al-Khoury, primo ministro ai tempi dell’indipendenza (1946).

I cristiani sono per la stessa società siriana come una finestra aperta sul mondo. A ogni partenza, questa finestra tende a socchiudersi, dando vita a una società mono-culturale e mono-religiosa. Di questo è ben cosciente il presidente al Assad, che cerca di favorire la loro permanenza.

 

La situazione dei cattolici e la libertà religiosa

Il numero dei cattolici è leggermente inferiore a quello dei greco-ortodossi. Sono ripartiti tra cinque Chiese patriarcali orientali sui iuris e la Chiesa latina. A Damasco risiede il patriarca greco-melkita cattolico, inoltre, il greco-ortodosso e il siro-ortodosso. Fino all’arrivo dell’islam nel VII secolo, la Siria era tutta cristiana e diede sei papi alla Chiesa. Ad Antiochia di Siria, per la prima volta i discepoli furono chiamati “cristiani” (At 11,26). Sulla Via di Damasco, il giovane Saulo ebbe la visione sfolgorante di Gesù Risorto, e da persecutore dei cristiani divenne l’Apostolo delle genti. Ad Antiochia, il vescovo sant’Ignazio fu successore di Pietro. Tra i Padri della Chiesa figurano, tra gli altri, san Giovanni Crisostomo e san Giovanni Damasceno. Nel deserto a ovest di Aleppo vissero san Marone, san Simeone lo stilita, i santi Cosma e Damiano e numerosi eremiti, cenobiti, anacoreti, reclusi. San Gerolamo, passando da quelle parti, nell’anno 375, esclamò meravigliato: “O deserto riempito dei fiori di Cristo!”.

La Siria è un mosaico di coabitazione etnico-religiosa esemplare. Le relazioni interreligiose e in particolare quelle ecumeniche sono molto buone. Ci si augura cordialmente a vicenda “Buon Natale!” e “Felice Ramadan!”. I cristiani frequentano con molta libertà i vari riti cattolici o ortodossi. Molto numerosi sono i matrimoni tra cattolici e ortodossi. Qualcuno osserva, a ragione, come esista già di fatto l’unità dei cristiani. Manca solo l’unità delle Chiese! Una grande sofferenza per tutti è la mancanza di una data unica per la celebrazione della Pasqua.

La libertà religiosa si può dire discreta, per quanto concerne la libertà di culto e, sotto certi aspetti, anche di coscienza. Un musulmano, infatti, può farsi cristiano e non è perseguito dalle autorità. Il problema, semmai, è con la sua famiglia. Per lo Stato, tuttavia, non cambia il suo stato anagrafico di musulmano. Le Chiese godono di uno statuto personale, per quanto concerne le questioni matrimoniali. Hanno, inoltre, piena libertà di organizzare gli aiuti caritativi. La famiglia Assad, quando prese il potere cinquant’anni fa, sapendo di contare sull’appoggio della piccola minoranza alauita (circa il 12 per cento), concesse dei privilegi alle minoranze, inclusi i cristiani, in cambio del sostegno politico. Do ut des! L’ideale sarebbe, comunque, quello di arrivare al concetto di cittadinanza. La Siria è uno dei rari Stati della regione non teocratico. Non porta il titolo di “Repubblica islamica di…”, e ha una tendenza laica.

Fu una visita storica quella di Giovanni Paolo II a Damasco nel maggio del 2001. E’ stata un successo, in particolare per quanto riguarda gli incontri ecumenici. Inoltre, per la prima volta un papa si recò in una moschea a pregare, quella famosa degli Omayyadi. Sostò in raccoglimento davanti alle reliquie di san Giovanni Battista. La moschea sorse, infatti, su un’antica basilica che conservava la reliquia della testa del Precursore.

I ripetuti incoraggiamenti di Papa Francesco costituiscono poi una sfida particolare per la Chiesa in Siria, circondata da ogni parte da un mare di dolore, e chiamata a operare in un contesto culturale marcato dal forte senso di appartenenza etnico-religiosa, per cui i musulmani aiutano i musulmani e i cristiani i cristiani. E così pure ci si attende che i Paesi musulmani aiutino i musulmani, e i Paesi “cristiani” europei i cristiani. Questa è comunque un’occasione unica per la Chiesa per farsi conoscere come casa dell’accoglienza. In fondo, la gente ha bisogno soprattutto di umanità e di vicinanza (Deus caritas est, n. 31a).

Una religiosa, impegnata in un ospedale cattolico nel progetto “Ospedali Aperti”, mi diceva che spesso, arrivata stanca a sera, ritrovava serenità e pace pensando a quanto le aveva confidato qualche paziente non cristiano durante la giornata: “Ma voi non siete come gli altri!”. Quanto è attuale allora l’accorato appello di Ignazio di Antiochia: “Pregate per la Chiesa di Siria donde sono stato condotto incatenato a Roma” (Lettera agli Efesini, Congedo).

 

Mario Zenari è, dal 2008, nunzio apostolico in Siria, senza mai lasciare il paese neppure negli anni del conflitto e della presenza dello Stato islamico. Il 19 novembre 2016, Papa Francesco lo ha creato cardinale. Il testo pubblicato è un estratto del contributo che il cardinale Zenari ha scritto per l’ultimo numero della rivista Vita e pensiero (4/2024), disponibile dal 20 settembre.

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