Un Papa sorprendente nel deserto della fede europea. Bilancio di uno dei viaggi più difficili

Polemiche e attacchi, ma con il Pontefice sempre pronto a rispondere

Matteo Matzuzzi

Il viaggio di Francesco è anche un'inattesa ouverture del Sinodo sulla sinodalità, che pur essendo stato svuotato dei capitoli più delicati e controversi resta un appuntamento di grande rilievo. Di fatto, il Papa ha piantato dei paletti difficilmente aggirabili

Roma. Che il viaggio del Papa in Lussemburgo e Belgio fosse destinato a restare fra i più significativi del pontificato era scontato. La prima volta nel cuore d'Europa e per di più nell'epicentro della secolarizzazione che ha reso la fede una flebile fiammella alimentata in molti casi da comunità di immigrati stranieri che tengono vive chiese e comunità. Il fossato che nei decenni è stato scavato si è palesato in tutta la sua larghezza a Lovanio, con Francesco che seduto ascoltava il rettore dell'Università cattolica fargli una lezione di dottrina e morale, chiedendogli perché “tolleriamo questo enorme divario tra uomini e donne in una Chiesa che è così spesso guidata de facto da donne” e auspicando per le donne “un posto di rilievo incluso nel sacerdozio”. Non solo, visto che il rettore accusava la Chiesa di “trattare la questione della diversità di genere in modo così rigido”, invocando vicinanza “alle persone lgbtq+”.

    

Il Papa non si aspettava neppure di essere contestato dalla stessa università con un comunicato che lo accusava di “posizioni riduttive e conservatrici” mentre Lovanio – si legge nel documento non firmato – è “inclusivo”. Un colpo basso, “questo comunicato è stato fatto nel momento in cui io parlavo. E' stato pre-fatto e questo non è morale”, ha detto ai giornalisti in aereo. Addirittura non è piaciuta la sua preghiera silenziosa davanti alla tomba di re Baldovino, che preferì abdicare temporaneamente pur di non firmare la legge che legalizzava l'aborto. Una giornalista belga gli ha detto che la mossa ha sorpreso molte persone, che la scena è stata interpretata come un'ingerenza nella vita democratica del paese. Anche perché Francesco aveva esortato i belgi a guardare a Baldovino “in questo momento in cui si fanno strada leggi criminali”. Per chiarire, la legge criminale in questione, “omicida”, è l'aborto. In aereo, il Pontefice ha aggiunto che i medici che si prestano a “uccidere un essere umano” sono “sicari”.

 

Il viaggio si presentava difficile già in principio, con il dramma degli abusi a fare da sottotraccia ai discorsi del Papa e delle autorità locali. Meno preventivabile era la decisione con cui Francesco si è smarcato da quello spirito ecclesiale nordeuropeo, profondamente venato da istanze sociologiche e assai alla moda. La Chiesa belga, per mezzo secolo capofila del progressismo europeo prima di divenire una landa desolata, non può aver gradito più di tanto i discorsi pronunciati dal Papa fra Bruxelles e Lovanio. Le bordate contro il relativismo e “il dramma del pensiero debole”, l'avvertimento sul rischio di cadere nuovamente nel razionalismo senz'anima, condizionati dalla cultura tecnocratica”, le parole sulla donna (“Cio che è femminile non viene sancito dal consenso o dalle ideologie”): altro che Papa “rivoluzionario”, al Belgio desertificato Francesco offre ricette antichissime, parole che avrebbero potuto pronunciare un Benedetto XVI o un Giovanni Paolo II, che di certo si smarcano profondamente dalla linea imperante da più mezzo secolo a quelle latitudini. Chissà cosa avrebbe detto se fosse ancora vivo uno dei grandi elettori di Bergoglio, il cardinale Godfried Danneels, arcivescovo di Bruxelles per trentun'anni,e teorico di svolte pastorali che avrebbero dovuto seguire lo Spirito del tempo.

 

Il viaggio di Francesco è anche un'inattesa ouverture del Sinodo sulla sinodalità, che pur essendo stato svuotato dei capitoli più delicati e controversi – se ne occuperanno dieci commissioni create ad hoc – resta comunque un appuntamento atteso da chi punta a scardinare la struttura esistente, magari aprendo a riforme dell'ordine sacro, e pure da chi guarda con terrore a tali prospettive. Di fatto, il Papa ha piantato dei paletti, fornendo perfino una traccia che dovrà ispirare i lavori: “Il processo sinodale dev’essere un ritorno al Vangelo; non deve avere tra le priorità qualche riforma alla moda”. L'ha detto a Bruxelles ma pensando anche a quel che avverrà da questa settimana a Roma. Adelante sì, ma con tanto juicio.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.