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il giubileo

Il Papa apre la Porta Santa a Rebibbia: il Giubileo entra in carcere per la prima volta

Bergoglio porta ai detenuti un messaggio di speranza. Alla cerimonia presente anche Nordio. L'associazione Antigone: "Ci auguriamo che la politica sappia ascoltare l'appello di Papa Francesco e che il 2025 sia un anno di riforme"

Per la prima volta nella storia dei Giubilei, il Papa ha aperto una porta santa in un istituto di pena. E' successo questa mattina a Rebibbia, dove Papa Francesco ha portato con sé il messaggio centrale di questo Giubileo: la speranza. "A me piace pensare la speranza come l'àncora che è sulla riva e noi con la corda siamo sicuri. Non perdere la speranza: è questo il messaggio che voglio darvi, che voglio dare a tutti noi perché la speranza mai delude".

Ad attenderlo nel carcere romano c'erano centinaia di persone tra detenuti, volontari e agenti della polizia penitenziaria. Francesco è arrivato in sedia a rotelle, ma a differenza di quanto accaduto all'apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, ha attraversato la soglia sulle proprie gambe. La porta è quella della chiesa del Padre Nostro della casa circondariale: al suo interno circa 300 persone hanno assistito della Santa Messa, mentre altre 300 l'hanno seguita dall'esterno. "È un bel gesto quello di spalancare le porte - ha detto il Pontefice durante la sua omelia - ma è più importante aprire il cuore: questo fa la fratellanza. I cuori duri non aiutano a vivere, la grazia del Giubileo significa aprire i cuori alla speranza". 

Alla cerimonia erano presenti diverse cariche istituzionali, a partire dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri. La scelta di Papa Francesco riaccende i riflettori sulle condizioni delle carceri italiane, dove il tasso di sovraffollamento superiore al 130 per cento e 88 detenuti si sono suicidati quest'anno, secondo gli ultimi dati Antigone. "Nonostante questi numeri, nonostante anche i richiami del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l'attenzione sul carcere è minima e le uniche politiche attive sono quelle che continuano a riempire spazi che ormai da tempo non ci sono più", ha detto ieri in una nota il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, raccontando dell'ultima morte avvenuta il 23 dicembre a Sollicciano, "uno di quegli istituti dove sovraffollamento, condizioni strutturali e di conseguenza igienico-sanitarie non si possono definire degne di uno stato di diritto". Gonnella ha ricordato che in molte strutture non si praticano attività che consentono ai detenuti di costruire percorsi di reintegrazione sociale, mentre si fa un uso massiccio di psicofarmaci. "Una condizione in cui si perde la speranza. Ci auguriamo che la politica sappia ascoltare l'appello di Papa Francesco e che il 2025 possa essere un anno in cui si mettano mano a riforme che guardino ai principi costituzionali di una pena che sia dignitosa, umana e guardi alla reintegrazione sociale di chi è in carcere".

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