Il Papa ai giovani ucraini: "Siate patrioti". Sul resto del colloquio le ricostruzioni di Kyiv e Roma non concordano

Il Vaticano pone l'accento sull'invito del Pontefice a perdonare e dialogare. In Ucraina tutto ciò diventa un inciso: la parte preponderante è lo spirito patriottico

Matteo Matzuzzi

“Oggi la missione dei giovani ucraini consiste nell’essere patrioti. Non potete fuggire dai problemi che state vivendo oggi. Dovete essere patrioti, amare la vostra Patria e proteggerla”, ha detto il Papa ai giovani ucraini collegati con Santa Marta. Ma cosa intendeva Francesco con "l'essere patrioti"?

Roma. Sabato pomeriggio, il Papa ha incontrato online più di 250 ragazzi ucraini provenienti da diverse comunità cattoliche del paese  e da altre parti del mondo. Francesco si è collegato con la cattedrale della Risurrezione di Cristo a Kyiv, dove è stato salutato dall’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk: “La speranza in Ucraina ha molti volti”, in particolare “la speranza ha il volto delle giovani e dei giovani ucraini, i quali, nonostante le sfide della guerra, sanno amare Dio e il prossimo”. Il programma dell’incontro è consistito nel racconto da parte dei giovani delle loro esperienze vissute durante il conflitto. Una ragazza di Kharkiv ha detto che “per molti, un luogo di salvezza è stata la Chiesa. Per noi, sapere che i nostri vescovi e i nostri sacerdoti non ci hanno abbandonato, ma sono rimasti con noi, è di grande valore”. Quindi, lo scambio di parole con il Papa, che ha risposto alle domande dei ragazzi e delle ragazze. Francesco teneva fra le mani i Vangeli e il Libro dei Salmi che appartenevano a Oleksandr, un giovane soldato ucraino caduto ad Avdiivka: “Per me è una reliquia ricevuta da parte vostra, cari ucraini, da parte di questo giovane ragazzo che ha dato la propria vita per la Patria”. Concetto ripetuto poco dopo: “Oggi la missione dei giovani ucraini consiste nell’essere patrioti. Non potete fuggire dai problemi che state vivendo oggi. Dovete essere patrioti, amare la vostra Patria e proteggerla”. 

 

Questione delicata: cosa intendeva Francesco con l’essere patrioti? Il significato che il Papa dà del termine – non è certo una novità nella sua predicazione, lo faceva sovente in Argentina e lo ha fatto anche a Roma, da Pontefice – è lo stesso che si dà a Kyiv? Sembrerebbe proprio di no, almeno stando ai due comunicati diffusi in merito all’evento, ciascuno dei quali pone l’attenzione su un preciso aspetto: a Kyiv sulla patria, a Roma sul perdono. Se quello ucraino menziona solo di sfuggita e solo una volta la parola “perdono” – i giovani “erano interessati a risposte, spiegazioni e consigli su temi come il perdono, la preghiera in tempo di guerra, come sopravvivere alla separazione dalla propria casa trovandosi nelle condizioni di emigranti, come contribuire alla vittoria, nonché come trovare il proprio posto nel mondo e la propria vocazione – l’articolo di Vatican News che ha dato conto dell’incontro già nel titolo dà una lettura diversa: “Il Papa dialoga con i giovani ucraini: siate patrioti. La guerra uccide, ma perdonate sempre”. Nel catenaccio, si riporta una risposta di Francesco (non citata nel comunicato ucraino) secondo cui bisogna perdonare “anche se è difficile e l’istinto è di rispondere a un pugno con un altro pugno”. Anche il comunicato diffuso dalla Sala stampa vaticana puntava su altro: “La pace si costruisce col dialogo, non stancatevi di dialogare, e anche se a volte è difficile, fate sempre lo sforzo di cercare il dialogo”. Ognuno, insomma, ha scelto quella che riteneva essere la parte migliore e più utile, ma ciò è il segno di una difficoltà di sintonizzare sulle medesime frequenze le domande di Kyiv con gli orientamenti vaticani, al di là dell’invito – non meglio specificato e chiarito nel suo senso – a essere patrioti. 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.