Tra roghi e furti, in Francia aumentano gli attacchi contro le chiese
Un bel primato nell'Europa che uno dei suoi padri, Robert Schuman, immaginava come un'eterna teoria di cattedrali
Rapporto dell'intelligence diffuso da Europe 1. A finire nel mirino è soprattutto la comunità ebraica, visto che il 62 per cento degli attacchi qualificabili come “anti religiosi” è ascrivibile al capitolo antisemitismo. Il 31 per cento è anticristiano e solo il 7 per cento prende di mira simboli o persone di fede islamica
Roma. Meno atti anticristiani ma più chiese prese di mira. Il bicchiere mezzo pieno non si sa dove stia in questo rapporto dell’intelligence territoriale francese di cui ha dato conto Europe 1. Il primo dato che emerge è che a finire nel mirino è soprattutto la comunità ebraica, visto che il 62 per cento degli attacchi qualificabili come “anti religiosi” è ascrivibile al capitolo antisemitismo. Il 31 per cento è anticristiano e solo il 7 per cento prende di mira simboli o persone di fede islamica. Se il bilancio – di per sé magro – vede spostare l’obiettivo dai cristiani agli ebrei, si registra allo stesso tempo una ripresa degli attacchi contro gli edifici di culto cattolici: quasi cinquanta tentativi d’incendio nel 2024, contro i trentotto dell’anno precedente. L’intelligence getta un po’ d’acqua sul fuoco, spiegando che il trenta per cento in più di assalti alle chiese è in parte dovuto alle rivolte in Nuova Caledonia, dove gli edifici sacri non sono stati risparmiati. Però non è che nella Francia metropolitana le cose vadano meglio, anzi: il 2 settembre scorso, la chiesa di Saint-Omer (Pas-de-Calais) è stata devastata dalle fiamme, il 3 ottobre, all’interno della chiesa di Saint-Hilaire-le-Grande di Poitiers sono stati appiccati due diversi incendi e tre statue sono state decapitate e poi distrutte. Il dossier mette in luce anche un altro aspetto peculiare, l’aumento di furti all’interno dei luoghi di culto (in aumento rispetto all’anno precedente). Le regioni più interessate dal fenomeno sono la Nuova Aquitania, l’Île-de-France, il Grand Est, l’Alvernia-Rodano-Alpi e l’Occitania. A tutto ciò si sommano gli episodi in cui vengono interrotte le celebrazioni liturgiche, per lo più in occasione delle grandi solennità. A Natale, nella chiesa di Saint-Germain-en-Laye, un uomo è salito sull’altare, ha mostrato le natiche ai fedeli e ha gridato “Allahu Akbar”. Il 5 marzo del 2024, poi, l’antiterrorismo ha sventato un attacco pianificato da un sessantaduenne aderente allo Stato islamico.
Un quadro tutt’altro che confortante, considerato l’anno giubilare appena iniziato, con il carico di cerimonie, celebrazioni e raduni di fedeli in luoghi chiusi e aperti. Il problema non è nuovo ed è ben più profondo di un vandalismo da weekend praticato da giovani annoiati che non trovano di meglio che distruggere la vetrata di qualche chiesa o rompere una statua della Vergine. Lo aveva detto Rémi Brague lo scorso novembre a Madrid, in una lectio magistralis pubblicata da questo giornale: “Si percepisce anche nelle élite occidentali un odio verso il cristianesimo. Non mi riferisco solo a un fenomeno passivo come la disaffezione verso la pratica religiosa, ma piuttosto a un desiderio positivo di estinguere la Chiesa e la religione, in particolare quella cattolica. In Francia, diverse chiese sono state distrutte; alcune sono state bruciate. Hanno decapitato un sacerdote. Quando i presunti umoristi e i giornalisti si burlano della religione, il bersaglio principale è il cristianesimo”.
Siamo oltre la persecuzione in guanti bianchi di cui parla sovente Papa Francesco, ma quanto accade in quella che fu la figlia prediletta della Chiesa ricorda l’odio anticristiano che si vide negli antichi villaggi iracheni al passaggio delle truppe califfali, dove le chiese venivano sventrate e le case dei cristiani marchiate con la “N” di “nazara”, nazareno. Un bel primato nell’Europa che uno dei suoi padri, Robert Schuman, immaginava come un’eterna teoria di cattedrali.