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Tra novità tech e gadget per turisti, la Basilica di San Pietro è più simile a un museo che a una chiesa
Il vecchio problema della Basilica vaticana: si può fare tutto meno che pregare. Tra chiasso, orde di visitatori più interessati ai marmi che al tabernacolo, per il fedele il raccoglimento è un'impresa
Venerdì mattina, un turista romeno quarantenne con problemi psichici è salito sull’altare della Confessione della Basilica di San Pietro e ha avuto il tempo di gettare a terra la croce e sei candelieri ottocenteschi alti un metro ciascuno. Quindi, sempre indisturbato, ha levato la tovaglia di lino. Solo a quel punto sono intervenuti gli addetti della Basilica che l’hanno bloccato a terra e qualche minuto dopo si sono visti gli uomini della Gendarmeria. Non è la prima volta che accade, e non serve tornare al 1972, quando Laszlo Toth colpì per quindici volte la Pietà michelangiolesca urlando “Io sono il Cristo!”: il primo giugno del 2023, nel tardo pomeriggio, un russo con passaporto polacco si era avvicinato all’altare, si era denudato e vi era salito sopra, quella volta senza gettare a terra croce e candelieri. Voleva protestare contro la guerra in Ucraina, s’era giustificato.
È possibile che la principale chiesa della cristianità, per di più durante l’anno giubilare, sia così esposta ad atti vandalici? Dai video diffusi in rete si nota che in entrambi i casi gli squilibrati hanno avuto tutto il tempo per agire indisturbati, senza che nessuno – i turisti più che ad allertare qualcuno erano impegnati a immortalare con gli smartphone quanto stava accadendo – sia prontamente intervenuto.
Da anni si discute sul degrado che regna in Basilica (portali lasciati aperti durante la pioggia che altro non fa che aumentare l’umidità interna, calcinacci che cadono, pulizia non eccellente) e nei suoi spazi circostanti, compreso il colonnato (da poco restaurato) che è divenuto accampamento per sbandati, tra panni appesi, cartoni gettati a terra e decine di confezioni di vino ammassate fra un varco e l’altro. San Pietro ha sempre avuto un grande problema: al suo interno non si riesce a pregare. Il chiacchiericcio di guide e turisti fa da imperitura colonna sonora, c’è sempre da scattare una foto, da registrare un video.
Non è un problema né dell’arciprete attuale né dei suoi predecessori, benché nel corso dei decenni il tempio sia divenuto sempre più un museo. Sono state fatte anche cose pregevoli, come il restauro del baldacchino berniniano e della Cattedra: la differenza si nota, e in meglio. Lo scorso novembre, ricevendo in udienza i tecnici e i partner della Fabbrica di San Pietro, il Papa incoraggiava tutti ad adottare “tecnologie che favoriscano non solo una partecipazione interattiva delle persone, ma soprattutto la loro consapevolezza del luogo sacro, che è spazio di meditazione. In secondo luogo, lo sguardo della fede, per usare gli strumenti all’avanguardia con stile missionario, non turistico, senza cercare l’attrattiva di effetti speciali, bensì investendo in nuovi mezzi per raccontare la fede della Chiesa e la cultura che essa ha plasmato”.
L’arrivo del cardinale Mauro Gambetti come arciprete ha rappresentato una svolta nella gestione della Basilica, chiamata a divenire sempre più tecnologica, perché la Chiesa ha sempre cercato di “comunicare la propria fede nel divino attraverso i linguaggi del tempo e del contesto culturale di appartenenza”. Lo scorso 11 novembre, presentando il progetto Microsoft “La Basilica di San Pietro: AI-Enhanced Experience”, Gambetti disse che “in questi anni, non senza fatica, abbiamo affrontato la splendida sfida del rapporto tra l’uomo e la tecnica con lo spirito di fraternità, che ha animato importanti collaborazioni improntate alla circolarità, di competenze, di punti di vista e di mezzi, con il comune obiettivo di favorire la crescita umana delle persone”.
“Abbiamo così potuto strutturare un sistema informativo della Fabbrica, mettere al servizio degli uffici un Enterprise Resource Planning (Erp) e avviare il processo di informatizzazione della gestione documentale, archivistica e delle risorse umane; inoltre, abbiamo realizzato il primo step del Building Information Modeling (Bim) della Basilica”. La Fabbrica di San Pietro, aggiungeva, “ha iniziato a pensare a un ‘osservatorio astronomico’ e a una ‘navicella spaziale’ per la Basilica. In tal senso, scegliemmo la tecnologia informatica come opportunità di sviluppo della missione. E oggi siamo giunti a definire un piano coordinato di servizi e di attività di comunicazione per una ‘Basilica in uscita’”. Cosa sia una “basilica in uscita” solo Dio lo può sapere, e forse quei vescovi che usano “uscita” e “sinodalità” nelle omelie come s’usa il sale per dare tono a una minestra altrimenti insipida. E poi, diceva ancora l’arciprete, “sono state create piattaforme e app per offrire servizi ai pellegrini e ai visitatori al fine di favorirne l’esperienza in San Pietro; e sono stati resi maggiormente comprensibili – tramite i linguaggi multimediali, l’impiego dell’intelligenza artificiale e la proposta di corsi di formazione – i significati custoditi dal complesso monumentale. In tal senso, lo sforzo è quello di decodificare per l’uomo di oggi, con l’ausilio della tecnologia digitale, l’intreccio di storia, arte e spiritualità che fanno della Basilica un unicum al mondo”.
È stato pure rifatto il portale web della Basilica e mandata in stampa una rivista, “Piazza San Pietro”, un magazine gratuito “per chi non se lo può permettere”. Rivista diretta da padre Enzo Fortunato, che è pure stato nominato portavoce della Basilica vaticana salvo lasciar parlare il direttore della Sala stampa Matteo Bruni per commentare lo scempio di venerdì mattina. Iniziative pregevoli e utili per il pellegrino del Missouri che venisse a Roma ma che non fanno altro che riportare alla domanda originaria: la missione di San Pietro qual è? Disse il cardinale Gambetti: “La Basilica di San Pietro è come il cielo stellato in una notte d’estate: resti incantato dal suo splendore, dalla sua munificenza. Rischia però di essere un muto testimone della ‘infinita bellezza’ se l’intelligenza non si arricchisce di conoscenza e l’aspirazione del cuore non è nutrita da un’esperienza spirituale”. Ecco. Cosa distingue, oggi, la Basilica da un museo di rilevanza universale come gli Uffizi? Perché non riconsegnare la Basilica a quello che dovrebbe innanzitutto essere, cioè una chiesa e un luogo di preghiera? Lo splendore di quel tempio parla per sé, senza bisogno di aggiunte, schermi, sedie in plexiglass. Senza una spettacolarizzazione – si ricordi ancora lo show con tigri, scimmie e pinguini proiettati sulla facciata di San Pietro, nella sera dell’Immacolata concezione del 2015 – che nulla aggiunge all’incanto. Perfino gli innocui e onnipresenti addobbi floreali sono inutili, in quello spettacolo pensato da Michelangelo & Co.