E. Naurizio, Congregazione generale del Concilio di Trento in S.M. Maggiore , dipinto, 1633 (Wikipedia Commons)

Il libro

La Storia della Chiesa fra antiche consuetudini e rivoluzione digitale

Matteo Matzuzzi

"Lezioni di Storia della Chiesa" di Daniele Menozzi informa sullo statuto scientifico che la disciplina ha raggiunto nel tempo e illustra a chi vi si accosta per la prima volta le metodologie e gli strumenti della ricerca

Una presentazione della Storia della Chiesa – che come specifica disciplina inserita all’interno di un ordinamento universitario appare solo nel 1650 a Helmstedt, in Sassonia – che aiuti quanti vi si accostano, “e in particolare i giovani studenti”, ad affrontarla attraverso l’acquisizione di una conoscenza del suo svolgimento storico”. E’ l’intento che si dà Daniele Menozzi, professore emerito alla Normale di Pisa, in Lezioni di Storia della Chiesa (Morcelliana, 224 pp., 18 euro), prodotto di una riflessione – e di un’intenzione – che affonda le radici nel tempo, all’inizio della carriera che l’avrebbe portato – clericus vagans, come scherzosamente scrive – a girare l’Italia. Impresa non semplice, data la materia complessa che più volte tornerà sul tavolo, ma sempre e per varie ragioni spiegate nella Presentazione abbandonata. Solo ora, in quiescenza, Menozzi ha ripreso in mano il progetto, constatando anche che un’opera del genere, sul panorama internazionale, non esiste. Affare non semplice. In primo luogo, osserva l’autore, “si tratta di informare sullo statuto scientifico che la disciplina ha maturato nel tempo”, tenendo ben presente che la rivoluzione digitale nel frattempo ha cambiato la modalità di lavoro. La sfida maggiore è quella di “raccordare a questa nuova realtà la precedente tradizione di studi”.

L’opera, agile ma al contempo rigorosa nella suddivisione dei temi e delle aree di approfondimento, si articola in quattro capitoli: “Lo statuto della disciplina”, “Gli strumenti per la ricerca”, “Le fonti” e “Alcune fonti significative per l’età contemporanea”. Si va dalla “irruzione del metodo critico” ai nuovi scenari delineati nel mare magno della secolarizzazione. Rilevante, poi, è il soffermarsi dell’autore sugli strumenti di ricerca disponibili nel periodo che va dal primo Novecento al Vaticano II e poi dal Concilio a oggi: differenze evidenti. Desta interesse la domanda che l’autore pone in calce al volume: “Alcuni sociologi ritengono che la televisione sia stata uno dei canali attraverso i quali nel secondo Dopoguerra si sono sviluppati quei processi di secolarizzazione che hanno trasformato in profondità la società italiana, mutandone il tradizionale volto cattolico. Per gli studi storici ci troviamo qui davanti a una questione in cui l’analisi delle fonti audiovisive può contribuire a una più adeguata intelligenza della vicenda della Chiesa nel tempo presente: come spiegare che l’almeno indiretta rispondenza delle trasmissioni all’autorità ecclesiastica non ha arrestato lo sviluppo di un secolarismo che essa voleva evitare?”.