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L'estratto
Fede e imperi: un legame che attraversa i secoli
La storia religiosa del mondo non può essere compresa senza riferirsi alle realtà imperiali
Pubblichiamo un estratto dell’articolo di Philip Jenkins che appare nel nuovo numero di Vita e Pensiero (n.1, gennaio-febbraio 2025)
Diversi fantasmi imperiali possono tracciare una mappa della popolazione cristiana moderna a livello mondiale. Questi grandi centri sono debitori a vari imperi cristiani nell’ultimo mezzo millennio: quello spagnolo, portoghese, francese, belga, britannico e altri. All’interno di questi imperi molte persone si sono spostate volontariamente, come coloni e colonizzatori. Altri popoli sono stati conquistati o resi schiavi, e (almeno all’inizio) su di essi vennero imposti nuovi sistemi religiosi, sebbene nel tempo questi popoli conquistati abbiano fatto propria tale religione. Si pensi a come una religione, che per 1500 anni era stata in larga parte una questione eurocentrica, sia diventata, alla fine del secondo millennio, un’impresa immensamente transcontinentale.
Le comunità cattoliche oggi più numerose si trovano in Brasile, Messico e Filippine, un dato che richiama l’influenza degli imperi, durati a lungo e ora defunti, di Spagna e Portogallo. La Comunione anglicana, con i suoi 90 milioni di credenti a livello mondiale, mantiene l’inconfondibile impronta del vecchio impero britannico. Per ogni caso, ne esistono tracce evidenti nelle tradizioni politiche e nelle strutture delle rispettive religioni, nei loro linguaggi e nelle loro forme di comunicazione. Nella gerarchia del mondo cristiano ortodosso il patriarca ecumenico di Costantinopoli è ancora il primo tra eguali. Egli ha la sua sede in una città che tuttora mantiene l’aura della Nuova Roma fondata dall’imperatore romano Costantino nel IV secolo. (…)
Questi elementi di continuità non sono in un certo senso nuovi e possono in vario modo essere rintracciati lungo i secoli. L’impero persiano ha lasciato la sua eredità, così come vari califfati islamici e il regno ottomano, e lo stesso hanno fatto imperi una volta potenti dell’Asia meridionale e del Sudest. Una mappa delle terre conquistate in poco tempo dal Califfato durante il suo primo secolo di vita circa – diciamo dal 750 d.C., per intendersi – offre un’eccellente (per quanto non perfetta) idea del cuore territoriale dell’islam nel mondo moderno, dal Marocco al Pakistan, dal Caucaso allo Yemen. Cristianesimo, islam, buddhismo e induismo, parimenti, tutti riflettono incontri imperiali successivi. In particolare, la storia del buddhismo è una storia del patronaggio di successivi regimi imperiali. Per contro, la storia del declino buddhista in quella che una volta era il suo “cuore”, cioè l’India, può essere raccontata seguendo la crina di calanti fortune imperiali. Islam, induismo e shintoismo: tutte queste religioni portano con sé un chiaro tratto imperiale.
Gli imperi sono una componente ineludibile nel fare, rifare e ripensare le fedi nel mondo. A vario livello tutte le religioni esistono in quello che possiamo chiamare un ambiente postimperiale. Una storia globale delle fedi mondiali è necessariamente una storia imperiale. Ovviamente, non stiamo parlando del caso di umili sudditi che seguono fedelmente i capricci spirituali di ogni aspirante sovrano sulla terra. In alcuni casi, le religioni crescono e si diffondono nonostante la violenta opposizione di regimi imperiali che esercitano un controllo politico su determinati territori: il cristianesimo nel mondo romano ne è un ovvio esempio. Ancora una volta, però, anche in questo caso siamo testimoni di inattese conseguenze di editti e decisioni imperiali. Ci interessa meno la posizione ufficiale di un qualche particolare impero rispetto alle condizioni di tali entità create per mantenere le loro regole. Questo include efficienti modalità di comunicazione sia per terra che per mare, nuove vie commerciali, città che sorgono da queste vie diventando depositi di possibilità e di idee.
A giocare la loro parte vi sono anche edifici di natura militare, ben posizionati, che difendono le frontiere imperiali. Essi mantengono l’ordine pubblico e sopprimono le minacce poste a quanti viaggiano e commerciano. Per loro natura, gli imperi contribuirono a raggruppare popoli e gruppi etnici diversi che altrimenti sarebbero rimasti ignoranti dell’altrui esistenza: gli imperi hanno fatto un lavoro notevole nel muovere soggetti, far rimuovere o mandare in esilio popolazioni di antica residenza. Per usare un concetto che oggi è ben noto nell’analisi politica, gli imperi hanno reso le comunità di persone radicate localmente in qualche luogo – i Somewheres – in popoli altamente itineranti – gli Anywheres –, con tutto ciò che questo implica in termini di valori e ideologia. Fatto cruciale, i nuovi ordini imperiali promossero linguaggi comuni di comunicazione, spesso anche un certo grado di alfabetizzazione e comunicazione scritta.