Il crepuscolo della Chiesa polacca a immagine e somiglianza di Wojtyla

Si chiude un'èra, va in pensione l'arcivescovo Gadecki, nominato nel 2002 da Giovanni Paolo II e per vent'anni ai vertici della Conferenza episcopale locale

Matteo Matzuzzi

La rapida sostituzione di Gadecki rientra in un più ampio e deciso rimescolamento interno all’episcopato polacco, iniziato da tempo e accelerato dopo l’emergere di scandali di natura sessuale e di abusi su minori portati alla luce da documentari, serie e trasmissioni televisive che hanno catturato una crescente audience

Roma. Mercoledì alle 12, il bollettino della Sala stampa della Santa Sede ha reso noto che il Papa aveva accettato la rinuncia presentata per raggiunti limiti d’età da mons. Stanislaw Gadecki, arcivescovo metropolita di Poznan. Da quando è ricoverato al Gemelli, è probabilmente questa la nomina più importante firmata da Francesco. Gadecki è stato infatti il condottiero della Chiesa polacca negli ultimi decenni, nominato giovanissimo a Poznan da Giovanni Paolo II nel 2002, ha ricoperto la carica di presidente della conferenza episcopale nazionale dal 2014 al 2024, prima ne era stato vicepresidente dal 2004 al 2014 e al contempo vicepresidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa dal 2016 al 2021. Un conservatore tutto d’un pezzo che fece sentire la propria voce al Sinodo sulla famiglia d’inizio pontificato e che, da ultimo, scrisse tre anni fa una dura lettera al presidente dell’episcopato tedesco, mons. Georg Bätzing, circa il Synodale Weg intrapreso in Germania. “Guardo con inquietudine alle attività finora svolte dal cammino sinodale tedesco. Osservando i suoi frutti, si può avere l’impressione che la base della riflessione non sia sempre il Vangelo”, notava Gadecki, aggiungendo che “non dovremmo sottostare alle pressioni del mondo o sottometterci ai modelli della cultura dominante, poiché ciò può portare alla corruzione morale e spirituale”. Una lettera che viene ripresa oggi dal portale della Conferenza episcopale tedesca, dando conto del pensionamento del vescovo polacco. Il quale, nella chiosa della sua missiva, osservava che “la Chiesa cattolica in Germania è importante sulla mappa dell’Europa e sono consapevole che diffonderà la sua fede o la sua incredulità all’intero continente”. Bätzing aveva risposto a tono: “Mi chiedo con quale diritto il presidente della conferenza episcopale di una Chiesa osa giudicare la cattolicità di un’altra Chiesa e del suo episcopato”.

 

Il Papa ha accettato subito la rinuncia di mons. Gadecki, che aveva compiuto  75 anni solo cinque mesi fa. Niente proroghe. L’arcivescovo di Poznan era stato anche critico rispetto al grande Sinodo sulla sinodalità, alla cui sessione romana aveva partecipato nel 2023 ma non nel 2024 (anche perché non più capo dell’episcopato polacco). In un’intervista aveva espresso il timore sul “rischio che i padri del Sinodo, votando sul documento finale l’anno prossimo, approveranno di fatto le richieste del Synodale Weg, anche se con una formulazione leggermente diversa”. Ne aveva anche parlato – via lettera – con il Papa. 

 

La rapida sostituzione di Gadecki rientra in un più ampio e deciso rimescolamento interno all’episcopato polacco, iniziato da tempo e accelerato dopo l’emergere di scandali di natura sessuale e di abusi su minori portati alla luce da documentari, serie e trasmissioni televisive che hanno catturato una crescente audience. Diversi presuli sono stati accusati di negligenza e invitati a lasciare in anticipo la guida delle rispettive diocesi. L’intento, non dichiarato perché la questione è delicatissima sulle sponde della Vistola, è anche politico: si tratta di chiudere con l’epoca dei vescovi di stretta derivazione wojtyliana, integerrimi sulla morale e per lo più affini agli orientamenti del partito della destra conservatrice PiS

 

Pochi mesi fa, il Papa aveva nominato arcivescovo di Varsavia (in sostituzione del “tuskiano” Nycz) il cinquantasettenne Adrian Galbas, da neanche due anni vescovo di Katowice, considerato una delle punte di diamante della linea “progressista” della Chiesa polacca – ammesso che tale definizione, già di per sé superficiale, possa valere in una Chiesa come quella plasmata da Giovanni Paolo II. In ogni caso, è un vescovo descritto dalla mentalità aperta, che lavora bene con il laicato e con tanto “odore delle pecore”. Furono diffuse, all’atto della nomina, anche sue foto vicino ai cassonetti, forse – si suppone più che altro per ragionamento logico – come segno di vicinanza agli scartati. Un anno fa, era stato eletto presidente della conferenza episcopale mons. Tadeusz Wojda, arcivescovo di Danzica e moderato con un’esperienza in Vaticano tra gli anni Novanta e i primi Duemila. Prima ancora, il Papa aveva creato cardinale l’arcivescovo di Lodz, Grzegorz Rys, personalità brillante, carismatico e scrittore prolifico da amici (e nemici) descritto come “l’unico vescovo progressista di Polonia, ma con la talare”. Porpora peraltro andata a lui e non all’arcivescovo di Cracovia, il ben più conservatore Marek Jedraszewski che tra l’altro ha compiuto 75 anni la scorsa estate e sarà sostituito a breve. 

 

E’ un cambiamento generazionale in linea con quanto s’è visto altrove nel mondo – e in particolare in Europa – dove Francesco predilige “nuove leve” relativamente giovani, in modo da impostare un lavoro lungo qualche decennio che renda più complicato poi tornare indietro. La Chiesa polacca affronta anche un visibile calo di praticanti – la Polonia era l’unico paese che contava con cura i praticanti domenicali – vuoi per gli scandali vuoi per la crescente secolarizzazione che s’avverte soprattutto nelle città: anche per questo a prevalere ora è una linea episcopale più “contemporanea”, sociale e meno politica. Un appiattimento sui valori del PiS che non ha giovato soprattutto fra i giovani, che un tempo gremivano le chiese e oggi – come un po’ ovunque nel continente – ha causato molti banchi lasciati vuoti. Il tempo dirà se la svolta, peraltro già sperimentata in Spagna, darà o meno i suoi frutti.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.