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Giuda, il “bolscevico” di città che tradì per politica. Ma anche per amicizia

Maurizio Crippa

A ogni Settimana Santa il mistero del Traditore affascina e interroga. "Di Giuda si può parlare solo con la forza dell'arte, che ha accesso ai misteri dello spirito e alla sacra lingua dei simboli" scrive Bulgakov. I Vangeli e il Vangelo gnostico. Arte, libri e fede

Che si stia tutti dalla sua parte non si può certo dire, ma il tema del traditore è sempre sfaccettato, Borges insegna, e indubbiamente a ogni Settimana Santa che viene la figura di Giuda, l’Iscariota, incuriosisce e affascina. Interroga. Spesso anche più del suo Amico, quello che baciò. Dieci giorni fa il mistero fascinoso di Giuda è andato in scena alla Pinacoteca di Brera, con due protagonisti d’eccezione. Il primo Pieter Paul Ruben, gran pittore fiammingo il cui Cenacolo, conservato a Milano, ha iniziato un percorso di restauro. L’altro il magnetico attore americano, ormai stabilmente italiano, Willem Dafoe, che davanti all’opera ha letto con immedesimazione alcuni versi del critico e scrittore Gabriele Tinti dedicati all’apostolo che tradì il Maestro, alla sua “tragica maschera”, la sua “volontà oscena” che ha osato “quello che non dovevi”. La particolarità dell’opera di Rubens è infatti che il protagonista visivo è proprio Giuda: Cristo benedice il pane e il vino, alla sua destra Pietro, a sinistra, Giovanni. Sul lato opposto del tavolo lo sguardo turbato e interrogante di Giuda è rivolto però non al Maestro, ma allo spettatore. Cova il tradimento, nell’ombra. Tinti ha spiegato di essersi ispirato, più che ai Vangeli canonici, al Vangelo di Giuda, opera gnostica che fa dell’apostolo non il “figlio della perdizione” (“meglio gli fora non esser nato / che aver peccato sì duramente”, canta una lauda medievale del Laudario Cortonese), ma lo strumento di un arcano disegno demiurgico, un capro espiatorio.

Per un paio di millenni l’Iscariota è stato il simbolo stesso del Male, colui che Lucifero mastica per l’eternità nel più basso dei cerchi dell’Infermo. Ma oggi il sentiment è cambiato, non siamo forse nell’epoca della Sympathty for the devil? La fascinazione per il Vangelo gnostico di Giuda, soprattutto tra intellettuali laici, è direttamente proporzionale allo scetticismo circa la figura del Nazareno. Anche per Augias, autore di Le ultime diciotto ore di Gesù, Giuda ha un ruolo differente, “forse ingiustamente colpevolizzato”. Ma anche nella riflessione dei cristiani, e di autori, teologi e scrittori credenti Giuda è un grande mistero insolubile, ma ineludibile. Moltissimi i romanzi, religiosi e no, che s’interrogano su di lui, da Lanza del Vasto ad Amos Oz. Luca Doninelli nel suo Fa’ che questa strada non finisca mai, “un’apologia di Giuda”, riflette che “tra le sofferenze di quella notte e del giorno successivo, la più grande per il Nazareno fu quella di non vedere me, perché non solo io e quell’uomo eravamo veramente amici, ma lui è stato il più grande tra tutti i miei amici, e forse io il suo”. Il mistero della dannazione di Giuda: la stessa intuizione che guida il poeta Péguy, secondo cui il grido di Gesù sulla croce è la sua stessa disperazione per non avere salvato l’amico. E chissà che cosa ne pensa la teologia ortodossa, così attenta ai simboli.


La casa editrice Edb ha appena pubblicato una piccola perla, inedita in Italia, con il titolo Giuda Iscariota - L’apostolo traditore. L’autore è Sergej Nicolaevic Bulgakov e la sua biografia basterebbe da sola a illuminare la sua interpretazione. Nato in Russia nel 1871 e morto a Parigi nel 1944, è stato un intellettuale, filosofo, teologo e prete ortodosso, amico di Pavel Florenskij. Il padre era un pope, come i suoi antenati per sei generazioni. Ha un cognome che non va confuso con quello del celebre scrittore del Maestro e Margherita, altro autore che con il diavolo ha combattuto letterariamente tutta la vita. La biografia del nostro Bulgakov è interessante. Geniale e insofferente, abbandona presto la fede dei padri, abbraccia il marxismo divenuto l’ideologia di riferimento dell’intellighentia russa. Studi giuridici ed economici, sul finire del secolo è in Germania, poi a Londra e Parigi. La sua prima opera si intitola Il posto del mercato nella produzione capitalistica, conosce Rosa Luxembrurg e le maggiori personalità del socialismo. Poi una profonda crisi spirituale, che lui attribuisce alla fulminazione della Madonna Sistina veduta a Dresda, il rientro in Russia, il sistema di idee marxiste che va in crisi. Torna alla fede, abbraccia il sacerdozio, divenuta una personalità importante del mondo ortodosso, entra alla Duma. Fino agli anni del definitivo esilio. Nel rifiuto dell’ideologia rivoluzionaria è facile intuire un tratto della riflessione su Giuda. L’Iscariota, scrive, è innanzitutto un cittadino: “Viene dalla città di Keriot”. Diverso dagli altri undici. “Come cittadino con una psicologia ‘proletaria’ Giuda appare un intruso tra i semplici figli della natura, che portano nelle loro anime l’azzurro del lago di Galilea, la bellezza dei fiori di Galilea”. Non per natura un malfattore, no. Ma “in lui presto è sorto il pensiero, il sogno che confina nell’idea ossessiva del regno di Israele”. Anzi “la sua anima arde di zelo messianico e soffre del dolore della nazione”.

A differenza dei compagni pescatori, manovali, “egli conosce la forza e il potere dei soldi. La vista della povertà della gente e dell’oppressione ne fanno un rivoluzionario”. Non un un avido, “prima di tutto era un giudeo messianico, un rivoluzionario, un marxista messianico, ‘un bolscevico’”. Scritto negli anni ’40, a Parigi, la scelta delle parole non è casuale. Il giudizio storico è che il sovvertimento fino alla violenza dell’ordine sociale, seppure animato da ottime teorie, è un male che porta a tradire il vero Bene. Giuda tradisce Gesù perché a un certo punto, immagina Bulgakov, vuole “metterlo davanti alla sua responsabilità”, a manifestarsi come il nuovo capo politico che fonderà il regno di Israele. “Lui amava il maestro, ma collegava il suo amore con il suo sogno illusorio, che tanto più lo allontanava dal Maestro, tanto più lo infiammava di gelosia per Lui”. Il dramma esplode: “Nell’anima di Giuda prese forma una tempesta satanica: tutta la sua natura combatteva contro il tradimento” (anche se nel Vangelo di Giovanni, il suo “antagonista” in quanto discepolo più amato, è subito indicato come il traditore, negli altri tre Vangeli sinottici non ci sono prove o indicazioni che lo fosse da sempre). Eppure “questa era la sua idea, la sua missione e la sua scelta: doveva salvare l’amico, sottraendolo alla sua inazione”. Invece Gesù, mentre già aveva il popolo di Gerusalemme ai suoi piedi, se n’era andato a Betania, a cena dai suoi amici. E Maria gli aveva “sprecato” sui piedi trecento denari di profumo che avrebbero potuto essere dati ai poveri. Troppo per l’intellettuale rivoluzionario Giuda, ma il commento di Giovanni è spietato: “Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro”. 


Il secondo saggio contenuto nel volume è ancora più struggente e profondo del primo: Due eletti. Giovanni e Giuda, il “prediletto’ e il “figlio della perdizione”. Le due opzioni radicali del cuore umano rispetto a colui che si è rivelato come il Figlio di Dio. Scrive Bulgakov: “Ogni anno, con l’avvicinasi della Settimana Santa, io di nuovo soffro per Giuda, il suo indecifrabile mistero”. Bulgakov si impone di andare oltre i “veli” della “rozza semplificazione sulla sua figura nei testi della Settimana Santa”. Nei sinottici, Giuda quasi non è nominato fino alla fine (dei dodici, in realtà, la metà degli apostoli non è in nessun modo protagonista nei racconti). Solo la riflessione di Giovanni, che lo indica come l’anima destinata a essere ghermita da Satana, gli dà ampio spazio, sebbene sempre “con mezze parole, mezzi silenzi, con mezzi toni”. Eppure, si interroga il grande teologo ortodosso, “la narrazione evangelica non permette in nessun modo di affermare la svalutazione di Giuda da parte di Cristo”. Gesù fino all’ultimo incontro lo chiama “amico”. La teologia e persino la profonda spiritualità si arrendono alla soglia di un mistero: “Di Giuda si può parlare solo con la forza dell’arte, che ha accesso ai misteri dello spirito e alla sacra lingua dei simboli”, scrive. “Il mistero di Giuda è quello celeste (che è abbozzato in Giovanni), quello storico (che si ha negli altri evangelisti), quello oltre il limite ultraterreno (dell’andata di Giuda al suo posto, della discesa agli inferi dello stesso Cristo e dell’incontro di Cristo con Giuda”). Ma “ancora non è stato inviato nel mondo quell’artista cui sia stato dato di narrare questo mistero del Vangelo su Giuda”. Scritta da un teologo ortodosso negli anni ’40 del secolo sconvolto dalla guerra, l’intuizione di Bulgakov sul mistero d’amore e di tradimento di Giuda è incredibilmente moderna.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"