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L'editoriale del direttore
Un Papa eccezionale che ha combattuto con tutte le sue forze un mito chiamato occidente
Oltre la dottrina. Dall’Europa al capitalismo passando per l’ambiente. In che cosa non è stato un argine il Papa venuto dalla fine del mondo
Bisogna andare oltre la storia del Papa eccezionale, cosa che Papa Francesco è stato, anche per chi lo ha amato fino a un certo punto. Bisogna dunque andare oltre. Oltre la dottrina, oltre la teologia, oltre il pensiero moderno, oltre la spiccata mondanità, oltre le aperture clamorose, oltre il pauperismo rivendicato, oltre la dottrina rivoluzionaria, e provare a ragionare, in queste ore dolorose, in queste ore successive alla scomparsa di Papa Francesco, ponendoci una domanda complicata e necessaria: è stato argine o piena? C’è un’eredità teologica di Papa Francesco che meriterà dibattiti, riflessioni, discussioni e disquisizioni, ed è anche su questo che scrive oggi sul Foglio il nostro Matteo Matzuzzi.
C’è però un’altra eredità che riguarda il papato eccezionale di Francesco che meriterebbe una discussione altrettanto approfondita e che ha a che fare con un tratto importante, interessante e decisivo degli anni passati alla guida della Chiesa. Papa Francesco è stato molte cose insieme. Ma è stato forse prima di tutto un antioccidentale genuino, sincero, coerente, e dunque eccezionale. E lo è stato dal primo giorno del suo pontificato. Papa Francesco verrà ricordato per molte cose. Ma verrà ricordato anche per essere stato un fiero critico dell’occidente, non a livello dottrinale ma a livello culturale. E ci sono alcuni passaggi precisi del suo papato durante i quali la visione di Francesco ha contribuito in modo decisivo a coltivare e alimentare il senso di colpa dell’occidente, mettendo sotto processo tutto quello che l’occidente ha prodotto: il capitalismo, il progresso, l’ambiente, il profitto, la difesa dei suoi confini.
I terreni su cui Papa Francesco ha declinato il suo senso di estraneità nei confronti dell’occidente – senso di estraneità o se volete antipatia che per questioni di realpolitik Papa Francesco non ha mai rivolto ai regimi dittatoriali, dalla Cina di Xi Jinping al Nicaragua di Daniel Ortega – sono molti e si possono provare a mettere insieme uno per uno e l’uno dopo l’altro. E’ stato antioccidentale, il Papa eccezionale, nel conflitto in medio oriente, e la sua scarsa empatia per tutto ciò che è successo in Israele dopo il 7 ottobre è figlia di una precisa visione del mondo all’interno della quale Israele non può che essere colpevole fino a prova contraria di ogni nefandezza, anche perché in medio oriente Israele è stato, agli occhi del Papa, il simbolo di un occidente tossico, pericoloso e genocidario (e si capisce perché il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, abbia detto a questo giornale che “la guerra che si è scatenata dal 7 ottobre ha avuto tra le sue vittime collaterali il dialogo ebraico-cristiano”).
E’ stato antioccidentale sulla guerra in Ucraina, e chissà la gioia che il Papa avrà dato a Vladimir Putin quando disse che buona parte delle responsabilità dell’invasione dell’Ucraina era della Nato e del suo “abbaiare alle porte della Russia”. E’ stato antioccidentale sul tema della difesa delle democrazie assediate, lo sappiamo, e il pacifismo di Francesco non è stata una scelta dettata dalla dottrina della Chiesa ma è stata una scelta deliberata, una scelta di campo, una scelta che ha sconfessato una dottrina nobile, quella di sant’Agostino, per esempio, che riconosceva la sacralità della vita umana ed esprimeva tutta la sua preoccupazione per il danno inevitabile causato da uno scontro armato ma che allo stesso tempo riconosceva – come scritto nella sua lettera numero 189 – che una guerra accettabile esiste (“La pace deve essere nella volontà e la guerra solo una necessità, affinché Dio ci liberi dalla necessità e ci conservi nella pace. Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi”).
E’ stato antioccidentale, il Papa eccezionale, anche sui temi di carattere ambientale – temi su cui Francesco ha investito molto, arrivando nel corso del tempo a sostituire la teologia e il pensiero cristiano con l’ideologia, il pauperismo e l’ecologismo – perché il Papa ha descritto costantemente la natura come un dono di Dio devastato dall’egoismo dell’uomo, dal progresso, dal capitalismo, assecondando, come abbiamo già scritto su questo giornale, una cosmologia magica e primitiva, al centro della quale l’uomo occidentale diventa il simbolo del peccato. Il cardinale Sarah, anni fa, in un passaggio di un suo libro (Si fa sera e il giorno ormai volge al declino, Cantagalli) ha dedicato parole molto dure a questo tema. Ha scritto che la Chiesa ha trasformato l’ambientalismo in una religione, con i suoi fedeli e i suoi infedeli, e ha detto di provare “rammarico per il fatto che molti vescovi e molti sacerdoti hanno trascurato la loro missione essenziale, che consiste nella propria santificazione e nell’annuncio del Vangelo di Gesù, impegnandosi invece in questioni sociopolitiche come l’ambiente, le migrazioni o i senzatetto: è impegno lodevole occuparsi di questi temi ma se trascurano l’evangelizzazione e la propria santificazione si agitano invano”. E’ stato antioccidentale anche su molte altre questioni – e d’altronde è stato pur sempre un Papa che veniva dalla fine del mondo, dall’Argentina, e l’occidente incarnato dall’America dei nostri sogni, l’America sentinella buona del mondo era un’America che il Papa peronista non poteva amare.
Ma lo è stato Francesco, Papa eccezionale, in particolare su una questione importante, su cui il peso della sua dottrina si è fatto sentire: l’Europa. La predilezione di Papa Francesco per altri continenti, durante il pontificato, è stata evidente, e per certi versi anche naturale, perché la Chiesa è per sua natura universale, cattolica, appunto, e la sua missione è di far conoscere il messaggio di Gesù a tutti gli uomini del mondo. Quello che è mancato, in Francesco, è stata la capacità di trasformare l’Europa, la nostra Europa, in un argine contro l’oscurantismo e non solo, al contrario di quanto fatto con un altro simbolo di tutto quello che Francesco non ha mai amato: il mercato capitalistico, la globalizzazione e in definitiva la cultura liberale. La crisi europea è stata anche una crisi spirituale, che ha affondato le sue radici nel rifiuto della presenza di Dio nella vita pubblica, ha detto sempre il cardinale Sarah. E per capire di cosa stiamo parlando, e per capire cosa è mancato negli ultimi anni all’Europa per avere un argine contro i suoi nemici, può essere utile riprendere un famoso discorso tenuto da Benedetto XVI il 22 settembre 2011, al Parlamento tedesco.
La cultura dell’Europa, disse, è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma, ovvero dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. E anche per questo lo scollamento di queste tradizioni a cui assistiamo nella nostra epoca ha rappresentato un problema serio sia per il cristianesimo e la Chiesa cattolica, sia per l’Europa. Un’Europa incapace di difendere il cristianesimo, che andrebbe difeso non solo quando c’è una chiesa che brucia, è un’Europa che rinuncia a difendere i valori non negoziabili della sua libertà. Ma una Chiesa incapace di difendere l’identità dell’Europa, che andrebbe difesa non solo quando si parla di migranti, è una Chiesa che, disse Ratzinger, rinuncia a difendere uno spicchio della sua identità. Si può dire che è quello che è successo durante gli anni del Papa eccezionale? Forse sì. “L’ideale dell’uomo europeo, unico e irripetibile nella sua libertà e dignità – ha scritto sul Foglio il nostro Sergio Belardinelli – non è un aspetto semplicemente incidentale per la fede cristiana. E’ piuttosto il tramite che rende efficace l’evangelizzazione, nella sua capacità di produrre forme di vita attraenti e più giuste. Questi aspetti non possono essere considerati un semplice strumento di evangelizzazione. Essi esprimono anche un grande ideale laico che ha trovato le sue forme espressive più eloquenti nei saperi scientifici, nella tecnica, nella cultura e nelle istituzioni politiche delle liberaldemocrazie occidentali”.
Ci saranno occasioni per discutere sul significato più profondo del papato di Francesco, sulla sua teologia, sulla sua dottrina, sul suo messaggio apostolico. Ma per capire cosa ha rappresentato Francesco per la difesa del mondo libero può essere utile confrontare i suoi anni da Papa con un altro famoso scritto di Joseph Ratzinger, pubblicato nel 2005. “C’è qui un odio di sé dell’occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l’occidente tenta sì, in maniera lodevole, di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L’Europa ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se vuole davvero sopravvivere”. Argine o piena? L’eredità di Francesco, un Papa eccezionale anche per chi non lo ha abbracciato nella sua dottrina, forse è anche qui.

Dopo la morte del papa