verso i funerali

Il mondo in processione per Francesco

L'incenso e l'acqua benedetta, i salmi e i rintocchi del campanone. Il Papa torna nella sua basilica accompagnato dalla sempiterna e sobria solennità della Chiesa

Matteo Matzuzzi

C’è tanta partecipazione, è vero, ma dell’emozione corale di popolo che si vide nel 2005 c’è ben poco. In milioni giunsero in Vaticano per salutare il “santo subito” Giovanni Paolo II. Pubblicato il calendario dei novendiali

Roma. Deluso è rimasto chi, nel campionario della “umiltà” e della “semplificazione” aveva già annoverato i riti di passaggio da questo mondo all’altro di Francesco. Si vaticinava un rito “semplice”, “ridotto” (quando già ridotto lo era da decenni, fin da quando Paolo VI impose sobrietà e decoro alle esequie papali e a tutto ciò che le caratterizzava), quasi “parrocchiale”. Invece, alle nove del mattino di ieri, da piazza San Pietro si sentivano cantare gli antichi salmi, in un alternarsi di invocazioni e suppliche per l’anima del Papa defunto che lasciava Santa Marta e s’apprestava a entrare nella basilica vaticana. Dominus pascit me, et nihil me deerit / In loco pascuae, ibi me collocavit. Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla / Su pascoli erbosi mi fa riposare. Un rito solenne, asciutto, molto simile a quello che accompagnò il saluto della piazza a Giovanni Paolo II, nel 2005. Sono anche rispuntate croci pettorali dorate riposte nei cassetti dodici anni fa, in nome della Chiesa povera per i poveri che da intenzione profetica s’era fatta slogan

 

Mentre i sediari sorreggevano la portantina su cui era posata la bara, scortati dalle Guardie svizzere e dai penitenzieri con i ceri in mano, il campanone di San Pietro scandiva, lugubre, il ritmo del transito. Appena il feretro è entrato sul sagrato s’è levato un applauso, che ha accompagnato Francesco fino all’ingresso in basilica, quando la Schola ha intonato le litanie dei santi, chiamati a orare pro eo, a pregare per lui, il Papa morto. Il cardinale Kevin Farrell, camerlengo di Santa Romana Chiesa, ha letto le preghiere affinché “il Padre accolga il nostro Pastore defunto nella dimora eterna”, alternando l’italiano al latino, mentre  l’assemblea invocava “venite santi di Dio, accorrete angeli del Signore,  accogliete la sua anima e presentatela al trono dell’Altissimo”. Il tutto tra aspersioni con l’acqua benedetta e volute d’incenso che s’alzavano lungo la navata centrale di San Pietro fino al corpo del Pontefice defunto. Da quel momento in poi, porte aperte ai fedeli, che tra un veloce segno della croce e un più studiato flash con lo smartphone, hanno affollato la basilica. Tanto da far pensare di lasciarla aperta ben oltre l’orario previsto (la mezzanotte). Si andrà avanti così fino a domani sera, quando alle ore 20 la bara sarà chiusa. La folla aumenterà, complice anche la calata su Roma di migliaia di adolescenti per il loro Giubileo, che avrebbe dovuto concludersi domenica con la canonizzazione di Carlo Acutis. Il beato di internet, come è stato definito, dovrà aspettare: sarà il nuovo Papa a decidere come e quando procedere, forse già in estate in concomitanza della canonizzazione di Pier Giorgio Frassati. Si vedrà. Ora è il momento del lutto e del commiato al Papa preso quasi alla fine del mondo. C’è tanta partecipazione, è vero, ma dell’emozione corale di popolo che si vide nel 2005 c’è ben poco. In milioni giunsero in Vaticano per salutare il “santo subito” Giovanni Paolo II, ancora oggi gli algoritmi di YouTube ripropongono l’annuncio della sua morte dato in una piazza stracolma di gente in lacrime, silenziosa con lo sguardo alzato verso la finestra illuminata dove Wojtyla aveva reso l’anima a Dio. Sono cambiati i tempi, basti guardare le trasmissioni televisive: vent’anni fa non mancavano le lacrime, stavolta è più la fiera dei ricordi, dei gesti, delle parole destinate a restare nella storia. Di certo, però, nonostante tutto quel che s’è detto e scritto sul Papa dei poveri, sul Papa della pace (e gli altri, non erano per la pace?), dell’ambiente e dei migranti, la Chiesa come sempre si ritrova nelle sue antiche preghiere e nei kyrie ripetuti sotto la cupola michelangiolesca. Ieri pomeriggio, all’altare della Cattedra, il cardinale Matteo Zuppi ha presieduto una messa in suffragio di Francesco: “Oggi sentiamo Papa Francesco che si affianca, come ha fatto in maniera instancabile in questi anni del suo ministero, ai credenti spenti di entusiasmo e dalla paura. Ci ha fatto vedere, anche fino alla fine, come seguire la strada di Gesù è donarsi. E ci ricorda di essere nella gioia, come nel suo ministero ha sempre indicato e di non tornare ad Emmaus, alla sicurezza senza speranza, per camminare di nuovo insieme, per ritrovare i fratelli, per confermarci a vicenda, raccontando come l’abbiamo riconosciuto, testimoniando, ricostruendo quella fraternità e quella comunione che ci è chiesto di costruire nella società civile”. Papa Francesco, ha aggiunto il capo della Cei, “ci ha chiesto di essere una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa”.

 

Nel frattempo, s’è tenuta la seconda congregazione cardinalizia, mentre i porporati raggiungono Roma: ieri mattina, per la traslazione, se ne contavano una sessantina fra elettori e ultraottantenni. In basilica era presente anche Camillo Ruini. E’ stato ufficializzato il calendario dei novendiali, le particolari celebrazioni dell’eucaristia in suffragio del Romano Pontefice defunto che per antica tradizione si tengono per nove giorni consecutivi a partire dai funerali. A presiedere le messe saranno i cardinali Re, Parolin, Sandri, Farrell, Mamberti, Fernández Artime, Reina, Gambetti e Gugerotti. Il cardinale arcivescovo di Colonia, Rainer Maria Woelki, ha detto di aspettarsi un Conclave lungo, o quantomeno “un pre Conclave lungo” perché i cardinali, tra loro, si conoscono poco o nulla: non è il primo a farlo notare, da anni diversi porporati – anche quelli delle cosiddette “periferie” lamentavano una scarsa conoscenza di quanto avviene a Roma e, soprattutto, di chi a Roma ci lavora.  La clausura di queste settimane potrà innescare dinamiche al momento non pronosticabili, nonostante le liste di “papabili” che comprendono fino a quindici o venti nomi: un po’ troppi per indicare dove tira il vento. Ma almeno cala il rischio di fare flop nelle previsioni. 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.