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l'intervista
“Io, innocente in carcere, e quell'abbraccio di Papa Francesco”. La storia di Roberto Giannoni
L'ex bancario ha trascorso un anno in carcere ingiustamente. Il padre morì di crepacuore un mese prima del processo e la madre un mese dopo la sua assoluzione. Poi Giannoni divenne volontario in carcere e nel 2016 il Pontefice lo chiamò a raccontare la sua storia a piazza San Pietro: "Nessun Papa ha voluto così bene ai detenuti. Si sentiva portatore della croce"
“Non dimenticherò mai l’abbraccio di Papa Francesco in piazza San Pietro, davanti a 40 mila persone. In quel momento lo percepii come un mio fratello. Papa Francesco è sempre stato fratello dei detenuti e delle vittime delle ingiustizie, come me”. A parlare, intervistato dal Foglio, è Roberto Giannoni, ex funzionario di banca, che nel 1992 finì al centro di un clamoroso caso di malagiustizia: venne arrestato nell’ambito di un’inchiesta antimafia e trascorse un anno in carcere da innocente (di cui 10 mesi in regime di 41 bis), prima di essere assolto dopo sei anni da ogni accusa. Nel frattempo perse il posto di lavoro, il padre morì di crepacuore un mese prima dell’inizio del processo e la madre un mese dopo la sua assoluzione, anche lei sfinita dalle sofferenze causate dalla vicenda giudiziaria. Nel 2000 Giannoni ha iniziato a fare il volontario in carcere con un’associazione e nel 2016 ha avuto modo di inviare la sua testimonianza alla Santa Sede, che stava organizzando il Giubileo del Volontariato. Tra le migliaia di testimonianze, Papa Francesco ne scelse cinque da far raccontare in piazza San Pietro. Tra queste anche quella di Giannoni.
L’evento si tenne il 4 settembre 2016, davanti a 40 mila persone. Un’esperienza ancora ben impressa nei ricordi di Giannoni: “Quando sentii chiamare il mio nome, mi alzai per andare al centro del palco. Passai davanti al Papa, che era seduto, e gli feci un inchino. Lui mi sorrise, come se mi conoscesse. Ero molto emozionato e quel suo sorriso mi tranquillizzò molto. Raccontai la mia storia davanti a migliaia di persone. Poi quando mi girai per tornare indietro mi ritrovai il Papa dietro di me: si era alzato per venirmi incontro. Mi abbracciò come un amico e mi disse: ‘Bravo Roberto’. Gli risposi sussurrando: ‘Santo Padre, spero tanto che i miei genitori da lassù ci stiano guardando’”.
“Quando ero in carcere piangevo dalla mattina alla sera”, racconta Giannoni. “Con il mio pianto arrivavo a commuovere gli altri detenuti: si fermavano immobili a vedermi piangere, senza sapere come comportarsi. Pensavo soprattutto ai miei genitori che erano a casa e che dovevano affrontare la quotidianità con le persone che conoscevano”. “Il mio primo compagno di cella fu capace di una umanità povera, sincera. Lui, che stava soffrendo, capì la mia sofferenza”, aggiunge Giannoni, che tornò in libertà dopo un anno di carcere, con la necessità di ricostruire da zero la sua vita.
Il 16 dicembre 1998 il tribunale di Livorno assolse Giannoni da tutte le accuse (tra cui addirittura quella di associazione a delinquere di stampo mafioso), a distanza di sei anni, sei mesi e sei giorni dall’arresto. Due anni dopo, l’ex bancario iniziò l’attività di volontariato in carcere, durata ben 21 anni e fatta di quasi 600 visite negli istituti di pena. “Il conforto del compagno di cella, che mi ha aiutato a superare il pianto, mi è rimasto impresso. In carcere si perde il rumore delle macchine, il senso della velocità, gli odori, tutto. Io cercavo di portare ai detenuti queste cose, perché una volta che si esce dal carcere si entra in un mondo che non si riconosce più”, spiega.
La morte di Papa Francesco ha profondamente addolorato Giannoni: “Frequentando il carcere ti accorgi che ci sono moltissime persone che hanno bisogno di essere aiutate, talmente tanto che pendono dalle tue labbra. Papa Francesco sentiva che i detenuti avevano bisogno di ascolto e di aiuto, ma che nessuno se ne fregava, a partire dalla politica. Anche perché, come dico sempre, il carcere non porta voti”.
Il 26 dicembre Papa Francesco ha voluto aprire la seconda Porta Santa del Giubileo nel carcere di Rebibbia e la sua ultima uscita pubblica è avvenuta al carcere di Regina Coeli, in occasione del Giovedì Santo. Giannoni non ha dubbi: “Nessun Papa come Francesco ha voluto così bene ai detenuti. Francesco si sentiva portatore della croce e ha voluto portare questa croce così pesante fino agli ultimi giorni della sua vita”.
Ermes Antonucci