Fanta, la bevanda del Reich
Due libri raccontano la genesi, poco conosciuta, dell'aranciata più famosa del mondo, nata durante il nazismo, complici l'embargo e un imprenditore tenace
Come la “sorella” maggiore Coca-Cola, c’è chi la ama e chi la odia, ma di certo tutti - o quasi - la conoscono: la Fanta è una delle bevande più famose del mondo. La sua genesi però è poco nota. Ora, un articolo di Atlas Obscura cerca di fare chiarezza sulle sue radici, che “risalgono addirittura al nazismo”.
Quando Hitler salì al potere, la Coca-Cola era presente in Germania, dove era arrivata nel 1929. Inventata nel 1886 da John Pemberton, in 40 anni la bevanda gassata era già un successo planetario. Sul tema si è sviluppata un’interessante narrativa. Due libri in particolare: For God, Country, and Coca-Cola di Mark Pendergrast e Fizz: How Soda shook up the world di Tristan Donovan. La strategia era quella di sviluppare iniziative commerciali con tutti, compresi i nazisti, tanto che Coca-Cola fu uno degli sponsor delle olimpiadi di Berlino del 1936. Non si trattava in realtà dell’unica società americana a “collaborare” con il regime. Anche l’industria di Hollywood chiuse un occhio di fronte alle violenze di Hitler per mantenere intatta la propria presenza nel mercato tedesco.
A capo della filiale locale della multinazionale, dal 1933 c’era Max Keith. Negli anni Trenta, Coca-Cola continuò a rifornire la succursale con sciroppi e provviste. La bevanda gassata vedeva crescere i propri numeri e riusciva a convivere con il nazismo. Secondo alcune leggende negli archivi di Atlanta della società c’è una foto che mostra Göring scolarsi una Coca-Cola, e addirittura Hitler ne sarebbe stato un gran consumatore. Poi, alla fine del 1941, ci fu Pearl Harbor. Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti le società americane si videro costrette a cessare i business con il nemico, e la Coca-Cola scomparve dai confini del Reich.
Così Max Keith decise di inventarsi una nuova bevanda. Le persone si erano assuefatte alle bevande gassate e quel vuoto di mercato andava riempito. La Fanta, chiamata così come abbreviazione di Fantasie, divenne in poco tempo un simbolo tedesco, consumato più o meno da tutti: dal popolo agli ufficiali nazisti. Le vendite crebbero, anche perché alternative, semplicemente, non c’erano. Usata come dolcificante per il razionamento dello zucchero, in cucina, consumata in tutte le maniere possibili, la questione era “O Fanta o niente”, come spiega lo scrittore Tristan Donovan. La ricetta era compatibile con gli ingredienti che si potevano reperire in un’economia di guerra. La Fanta di Max Keith, a quanto sembra dalle ricostruzioni fatte da Pendergrast e Donovan, era molto diversa da quella attuale: la bevanda era composta da bucce di frutta, fibre, polpa di mela, zucchero di barbabietola e dal siero di latte usato per produrre formaggi: il suo gusto “non doveva essere un granché”.
La storia della Fanta proseguì poi con la fine della guerra. Max Keith divenne un eroe per i vertici della compagnia ad Atlanta, e fu nominato capo della divisione Europa della società. La Coca-Cola propose poi sul mercato la “nuova” Fanta, al gusto d’arancia e non più prodotta con scarti alimentari. Il primo paese a poterla gustare nel 1955 non fu la Germania bensì, grazie al coinvolgimento dell’imbottigliatore locale Snibeg e del conte Matarazzo, l’Italia. Ma questa è un’altra storia.
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