La guida Michelin ha una crisi di autorevolezza, come una fake news qualunque
Dopo Marchesi, un altro chef, il francese Sébastien Bras, non vuole le stelline (ne aveva tre)
Parigi. “E’ una richiesta che ho avanzato lo scorso autunno, dunque sono particolarmente felice, oggi, di sapere che è stata accolta dalla Michelin”. Così Sébastien Bras, chef francese con tre stelle Michelin, ha reagito alla notizia diffusa due giorni fa dai vertici della celebre guida gastronomica, che hanno confermato la sua assenza dalla prossima edizione, in uscita lunedì. “E’ inevitabile che si crei una certa forma di pressione quando si hanno tre stelle Michelin da una ventina d’anni e queste stelle vengono ereditate (nel suo caso, dal padre Michel, noto per aver inventato il coulant au chocolat, tortino al cioccolato con cuore fondente, ndr). Oggi ho voglia di vivere il mio mestiere in maniera diversa, ritrovando quella serenità che mi permette di andare avanti”, ha detto Bras, ai fornelli del ristorante Le Suquet, a Laguiole, nel dipartimento dell’Aveyron.
Il suo annuncio di volersi liberare dalle ingombranti stelle della guida rossa, attraverso un video pubblicato a settembre su Facebook, ha fatto arricciare il naso ai critici gastronomici, che non erano mai stati oggetto di un tale smacco da parte di uno chef francese. “E’ la prima volta che riceviamo una richiesta pubblica di questo tipo (…) Ci sembrava complicato far figurare nella guida un ristorante che ha chiaramente indicato che non desiderava far parte della grande famiglia delle stelle Michelin”, ha detto, visibilmente irritata, Claire Dorland-Clauzel, membro del comitato esecutivo della guida.
Il divorzio consensuale tra la bibbia della critica gastronomica e Bras figlio, oltre a essere un episodio inedito, “crea una sorta di precedente”, secondo Franck Pinay-Rabaroust, ex redattore della Michelin e direttore del sito Atabula, che parla addirittura di “abdicazione” della guida. “Questo episodio apre una breccia, a maggior ragione in un’epoca in cui c’è diffidenza rispetto alla guida Michelin. Resta un punto di riferimento, ma ha subìto un duro colpo fallendo la virata verso la bistronomia, questa cucina semplice, conviviale e non troppo cara”, ha aggiunto Pinay-Rabaroust.
La guida, pubblicata per la prima volta nel lontano 1900, e per più di un secolo considerata intoccabile, negli ultimi tempi ha iniziato a dare qualche segno di cedimento in termini di autorità. E ora sono in molti a puntare il dito contro la sua indipendenza. A partire dai suoi principali concorrenti. “E’ impossibile che si crei un tale caso nella nostra pubblicazione”, ha affermato Côme de Chérisey, presidente della guida gastronomica Gault & Millau, tra le più influenti dopo la Michelin. “Siccome non accettiamo di pubblicare sul nostro sito i ristoranti che pagano per apparirvi, non li togliamo su richiesta dei ristoratori. Avevo ribadito questa cosa a Sébastien Bras la scorsa primavera, e aveva accettato. (…) Poiché siamo un media indipendente, decidiamo la nostra selezione liberamente”. Per il critico gastronomico Périco Légasse, con la scelta di accettare la richiesta di Bras “la guida Michelin perde credibilità perché nessuno può impedirle di dare un voto a un ristorante e non c’è niente di più ridicolo di privare i propri lettori dell’informazione a causa di un cuoco che si è rifiutato di essere selezionato!”.
Non si erano mai sentite così tante critiche alla guida fondata centodiciotto anni fa da André Michelin, fratello di Édouard, fondatore dell’omonima azienda francese di pneumatici. Il primo chef al mondo a contestare apertamente la Michelin è stato il compianto Gualtiero Marchesi, che nel giugno 2008 restituì le étoiles, tutte e tre, affermando di non volersi più “soggiogare al giochino dei punteggi” della guida francese e invitando i giovani cuochi a non “lavorare astrattamente per una stella” perché “non è sano, né giusto”. Sébastien Bras, come il padre della nuova cucina italiana, ha deciso, assieme al padre Michel, di rinunciare alle stelle. Per tornare a essere “libero”.