Cosa c'è dietro alla guerra di Londra al Prosecco
Non è la prima volta che il Regno Unito attacca le bollicine venete (c'entra la Brexit). Parla il presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, Innocente Nardi
Dopo il pericolo dei denti cariati, ecco il problema etico-ambientale. Il Regno Unito nutre in questi ultimi anni un particolare interesse per un fazzoletto di terra italiana che si arrampica sulle colline del nord est. Un arco che unisce Conegliano a Valdobbiadene fatto da alture verdi di vigne e di bollicine che si levano dalla pianura del Piave. E’ lì che la Glera cresce, che i suoi acini maturano a grappoli e una volta vinificati diventano Prosecco.
Un territorio piccolo ma che preoccupa e non poco il Guardian che si chiede se non sia il caso di inserire il Prosecco nella lista dei cibi e bevande potenzialmente pericolose per l’ambiente, “al pari del merluzzo dell’Atlantico del nord (sovrasfruttato), della carne (enorme impatto ambientale) e del caffè (consumo eccessivo d’acqua)”. Il problema? L’erosione del suolo nelle colline che uniscono Conegliano e Valdobbiadene. Tutto parte da una ricerca dell’Università di Padova secondo cui i vitigni di Prosecco creerebbero un’erosione del terreno circa undici volte superiore alla media nazionale. Una ricerca che è ancora sottoposta a peer review e che, in ogni caso, mette in evidenza come intervenendo con l’impianto di siepi e destinando a prato una piccola parte dell’estensione territoriale si potrebbero annullare i pericoli per la tenuta collinare. Un problema che hanno tutte le zone ad alta produzione vinicola e che col tempo solitamente rientra per una naturale flessione del mercato una volta arrivati al massimo della produzione e per una maggiore attenzione da parte dei produttori per la tematica ambientale. Processi del genere sono già avvenuti nella zona dello Champagne, in Borgogna, nel Chianti e nelle Langhe. Tutte zone per le quali la stampa inglese non si è preoccupata molto.
Non è la prima volta che Oltremanica si interessano di questo arco collinare. Nel 2017 c’aveva pensato un medico del London Centre for Cosmetic Dentistry, il dottor Mervyn Druian, a mettere in guarda gli inglesi del pericolo del “sorriso da Prosecco”, sottolineando come questo vino fosse pericoloso per la salute dentale delle giovani donne britanniche. Diceva al Daily Mail il dentista che “se le donne apprezzano particolarmente il Prosecco è un problema in quanto a differenza di quello che si può bere a pasto, questo vino si fa sorseggiare anche lontano da tavola. È acido e ha zucchero che possono danneggiare i denti, far insorgere carie e portare a spiacevoli problemi dentali”. Un’intervista rilasciata pochi giorni dopo lo scambio di battute a Bruxelles tra l’allora ministro Carlo Calenda e Boris Johnson. “Voi italiani – disse l’ex ministro degli esteri inglese parlando di Brexit – vendete un sacco di Prosecco in Gran Bretagna e ci darete libero accesso al mercato comune perché non volete perdere le vostre esportazioni nel nostro paese”.
Arrivarono le scuse di Londra e un richiamo formale dalla comunità scientifica inglese per l’inesattezza delle affermazioni del medico che aveva omesso di dire che sono tutte le bevande alcoliche a poter dare problemi ai denti e non solo il Prosecco.
L’attenzione per il vino è una scoperta recente Oltremanica. Ma è una scoperta che sta conquistando sempre maggiori quote di mercato. Negli ultimi dieci anni il numero di bottiglie vendute nel Regno sono cresciute del 183 per cento e hanno raggiunto quota 373 milioni nel 2016. Di queste 84 milioni sono di Prosecco (7,4 milioni solo di Prosecco Docg). Un’attenzione che non deve stupire dice al Foglio il presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, Innocente Nardi dato che “mentre un tempo alle 17 nei pub inglesi si beveva birra, ora si beve Prosecco. Per fortuna gli inglesi capiscono quando si tratta di critiche pretestuose e, soprattutto, sanno apprezzare la piacevolezza del bere italiano. Nonostante i timori suscitati dalla Brexit, i britannici continuano a preferire le nostre bollicine”.
L’aumento della passione degli inglesi per il vino ha fatto calare il consumo di birra, che è passato in tredici anni dai 35.642 migliaia di barili di allora ai 26.914 migliaia di barili attuali. Una diminuzione che ancora non è stata compensata da un aumento, che pure c’è stato, della produzione vinicola. Sono aumentati i produttori, i terreni coltivati a vite. Il numero di bottiglie è arrivato a 5,9 milioni l’anno, un incremento del 31 per cento dal 2015, ma ancora troppo esiguo per essere considerato economicamente rilevante. Soprattutto se si considera che con l’avvento della Brexit i prezzi del vino importato, cioè circa il 99 per cento, potrebbero salire, secondo gli analisti, di circa il 22 per cento e creare così un danno all’economia britannica di circa 1,8 miliardi di sterline. Uno scenario che comunque non preoccupa troppo il presidente Nardi: “La libera circolazione delle merci nell’Unione Europea ha contribuito in modo significativo al successo del Conegliano Valdobbiadene. Ora la Brexit può rappresentare un’incognita per il nostro prodotto. Un vincolo significativo è rappresentato dalle accise che sugli spumanti hanno importi maggiori rispetto a vini tranquilli in molti paesi dell’Unione Europea. Sono ancora molti i paesi extra UE che agiscono sulla leva dei dazi e sulla gestione da parte dei monopoli per disincentivare l’import di spumanti. In generale siamo certi che gli inglesi non si priveranno del piacere del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg”. E infatti secondo un sondaggio della federazione dei consumatori inglesi gli spumanti sono al secondo posto tra i prodotti ai quali il Regno Unito non vorrebbe rinunciare in seguito alla Brexit. E il Prosecco è lo spumante più venduto in Inghilterra. Un successo, dice il presidente Nardi che è dovuto alla capacità di questo vino “di intercettare i cambiamenti dei gusti e degli stili di vita del pubblico negli ultimi anni”.