Le bollicine italiane non sono mai state meglio
Nel 2019 oltre 560 milioni di bottiglie di spumante italiano sono stappate all’estero. Il record storico dell’esportazioni all’estero vale circa a 1,6 miliardi
Finezza, freschezza, precisione, equilibrio, carattere… tratti distintivi di un calice di bollicine che si fa ricordare. E la sfida è soprattutto Italia-Francia, come fosse la finale di un Mondiale. Bell’incontro non c’è che dire. Parliamo di cose rotonde, sì, ma di bollicine. Alzi la mano chi non ha vissuto un ricordo, un’emozione, un piacere sottile, mettendo il naso nel calice a tulipano di uno spumante o uno champagne che – indipendentemente dal metodo e dalle molte specificità (nature compresa) – gli abbia fatto respirare effervescenza, aromi e arte di un vino che ha metodo nelle sue bollicine, che affascina. E sa come stupire.
A questo mondo spumeggiante sono dedicati fiumi di riviste, siti, libri, fiere, festival, esposizioni. E come spesso accade a rendere più effervescente il mood c’è una sfida. In campo. Sfida di mercati, tradizioni, prodotti e valori. Italia – Francia, prima di tutto, che ha nel metodo classico (metodo per fare le bolle, che Oltralpe si chiama champenoise ma sempre di champagne si tratta) solo grandi opportunità. Per vincere. Perché alla fine il consumatore, l’appassionato, l’esperto cerca la qualità. Qualità di un mondo da scoprire.
A proposito di champions e di festival. In Italia c’è chi ha voluto finire il 2019 frequentando pochi mesi fa a Modena, la Experience Champagne, per una gita che vale troppo la pena se in compagnia di 125 Maison francesi con oltre 4.500 visitatori in due giorni. E sempre in Italia c’è chi ha deciso di iniziare questo 2020 nella bella Pescara d’Abruzzo, terra che ama i vini e non da ieri, dove, da giovedì 23 sino a domenica 26 gennaio, a Spumantitalia, si sono dati appuntamento tutti gli appassionati delle bollicine italiane. Siamo nazionalisti? Sì, almeno nel vino. E ci mettiamo volutamente il naso. Perché è un mondo che fa grande la nostra Italia del vino e il calice mezzo pieno, dal colore che ricorda l’oro, è da sempre icona di ottimismo. Soprattutto quando i conti tornano. Ci siamo da poco lasciati alle spalle le feste di fine anno, abbiamo da pochi giorni smontato presepi e spento lucine sulle piante, per entrare nel vino … vivo di questo 2020 e va da sé che a gennaio i conti tornano per un mercato che cresce. Prima cosa da sapere: allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre 2019 sono state censite oltre 560 milioni di bottiglie di spumante italiano stappate all’estero, record storico dei brindisi tutti italiani che segna un più 9 per cento rispetto allo scorso anno. E una crescita record delle vendite del 30 per cento in Francia! La stima ci arriva da Coldiretti che evidenzia come a fine anno per il 2019 è stato raggiunto per la prima volta il record storico dell’esportazioni all’estero per un valore di circa a 1,6 miliardi, sulla base delle previsioni dei dati Istat.
Aspettando la Brexit nel 2019 gli inglesi hanno scelto le bollicine italiane. Quello britannico è così diventato il primo mercato di sbocco dello spumante made in Italy. L'export ha fatto registrare un aumento del 7 percento nelle vendite. Gli Stati Uniti sono al secondo posto con un balzo dell’11 per cento pur in presenza di tensioni commerciali e timori collegati ai dazi. La Germania è il terzo consumatore mondiale di spumante italiano ma alla frenata dell’economia tedesca si associa un calo di consumi dell’8 per cento rispetto al 2018. Anche in Russia le cose vanno bene: più 17 per cento, in ogni caso bazzecole rispetto all’aumento in doppia cifra segnato dal Giappone: +37 per cento.
Le bollicine italiane crescono nel mondo non più solo grazie al “metodo italiano” (o metodo Martinotti o metodo Charmat) come Prosecco, Asti e Franciacorta perché nella stima di 74 milioni di bottiglie italiane stappate a fine anno (fonte Ismea-Uiv) c’è la crescita di tutte le principali denominazioni, anche quelle del metodo classico, come Trentodoc, Oltrepò Pavese e Franciacorta oltre agli spumanti provenienti dalle altre regioni italiane, tutte in crescita, che in questi ultimi anni hanno visto un aumento significativo delle produzioni di bollicine, dall’Abruzzo alla Sicilia, passando per Toscana, Marche, Lazio e Umbria.
Fra le buone notizie c'è anche da aggiungere che l’Italia è il principale produttore mondiale di macchinari enologici. Rappresenta cioè oltre il 70 per cento delle tecnologie enologiche delle cantine di tutto il mondo e questo mondo si traduce in un business complessivo che va ben oltre i 2 miliardi di euro annui.
Epperò esistono anche alcuni significativi problemi. Come spesso accade per il made in Italy (e pensiamo alla moda) questi sono legati alle contraffazioni o le pessime imitazioni: così curiosando si copre che anche in Europa si corre il rischio di trovare in un ristorante una bottiglia di Kressecco o Meer-Secco (prodotti in Germania) che fanno il verso al nostrano Prosecco, venduto addirittura sfuso alla spina nei pub inglesi.
A conti fatti, circa il 70 per cento della produzione nazionale di bollicine italiane è destinato all’export. Un bel modo per iniziare l’anno. Un metodo spumeggiante che deve fare riflettere e non per forza in negativo. Come il bicchiere mezzo pieno.