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Consigli per la quarantena: un libro in cucina

Mariarosa Mancuso

Leggete, fate una torta o il rognone a colazione. “Sillabario goloso” accoppia ghiottonerie a scrittori

Leggete un libro. Fate una torta. Ecco i suggerimenti letti in giro, per chi sta in casa senza protestare. Sperando di convincere chi non ha afferrato il concetto, e ha capito soltanto “a casa stanno gli altri”. Succede anche con le tasse: “Le tasse le paghi chi può, io non me le posso permettere”. Gli stranieri – il Guardian, il New York Times – continuano a stupirsi, e con gli ultimi titoli hanno provocato reazioni sdegnate, da pistola sugli spaghetti. Abbiamo un sogno, per quando finirà l’emergenza: l’algoritmo che calcoli la sovrapposizione degli indignati con chi ha pensato “sulle piste da sci non ci sarà nessuno, partiamo”.

  

Leggete un libro. Fate una torta. Da qui partiamo per andare a soccorrere i casalinghi che – dopo aver messo in ordine il cassetto delle calze (le femmine) e guardato le vecchie partite registrate (i maschi) – non ricordano più cosa si erano ripromessi di fare il primo pomeriggio o serata d’ozio, di tanti che verranno. Gli indecisi tra la lettura e la pasticceria (non facile come sembra, fare i bignè impegna più di un racconto) sfoglieranno con diletto il “Sillabario goloso” di Laura Grandi e Stefano Tettamanti, Mondadori 2011. Si trova in e-book, ottima occasione per rispolverare quel kindle in fondo al cassetto, “usato una sola volta”.

    

Dal rognone a colazione (inteso come breakfast, non pasto del mezzogiorno) di Leopold Bloom nell’“Ulisse” di Joyce alle patatine fritte che per Roland Barthes erano la quintessenza dalla francesità, il “Sillabario goloso” accoppia ghiottonerie a scrittori. Molti amori, e qualche feroce antipatia: il futurista Marinetti odiava con lo stesso fervore il chiaro di luna e la pastasciutta in ogni formato. Per essere precisi: “Deboscia da rigatoni, umor nero da farfalline, accidia da fusilli” (le penne lisce non ci sono, avrete notato). Difende la causa Domenico Rea, da Napoli, vantando i “tardi e pacifici grossi maccheroni” (con qualche frecciata ai cinesi che vorrebbero annettersi lo spaghetto). Nella foga, entra la pizza “rotonda come il golfo” – e come tutte le pita, le schiacciate, le focacce di cui l’umanità si è nutrita, prima che il glutine fosse considerato una minaccia per l’umanità.

    

Volendo, c’è la ricetta della salsa di pomodoro, come la pretendeva Frank Sinatra dalla prima moglie Nancy Barbato: non riusciamo a immaginare nella sua cucina né la seconda moglie Ava Gardner né la terza moglie Mia Farrow (il pettegolo che racconta è Gay Talese). Per lo stufato di manzo con la birra, arriva Anthony Trollope, generoso scrittore di romanzi. Una ventina, pure belli lunghi, e nel tempo libero (era funzionario alle poste britanniche) inventò la cassetta postale rossa e cilindrica, detta “pillar box”. Nathaniel Hawthorne paragonò i romanzi di Mr Trollope a un robusto pranzo: “Solidi e sostanziosi, scritti con la forza della bistecca e l’ispirazione della birra”. Un flash attraversa la mente: a quale piatto – meglio piattino, addirittura stuzzichino – si potrebbero paragonare i romanzi italiani candidati quest’anno allo Strega? Aspettiamo che arrivino a dodici, e scriveremo il menu (leggerli tutti adesso sarebbe penitenza).

   

Non tutti gli scrittori, o i personaggi, sorpresi in cucina hanno la ricetta corrispondente (le mancanti si trovano facilmente su internet). Ma “Sillabario goloso” si può scomporre e ricomporre a proprio gusto. I raccontini sono zeppi di aneddoti e curiosità, da dosare a piacere (e se uno vi annoia, saltate a quello dopo). Le ricette si possono soltanto leggere, o anche praticare. Ricordando sempre quel che disse Paolo Poli buonanima, all’alba del 2000: “Pensavo sarebbe stato il secolo del sesso, non il secolo della cucina”.

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