Vino e carne come i pacchetti di sigarette? L'Europa discute sulle etichette anticancro
Tre idee per l'etichettatura. "Non è intenzione di Bruxelles né proibire il vino e la carne, né etichettarle come sostanze tossiche, perché fanno parte dello stile di vita europeo". Parla Paolo De Castro, europarlamentare Pd
La guerra delle etichette anticancro è stata innescata, ma l’Europa sembra ben attrezzata per una corsa a tappe che potrebbe essere anzi positiva e non distruttiva, soprattutto di una filiera agroalimentare importante – per l’Italia soprattutto – come quella del vino e della carne. Anche se quando si legge quella parola - cancro – si fa un passo all’indietro. Anticancro: se ne fanno due. E non da oggi.
La guerra delle etichette potrebbe non generare come sempre fanno le guerre, anche quelle mediatiche, un danno: purché sia una guerra di qualità. Riportando la notizia sui binari della costruzione e non della distruzione “la qualunque”.
Proprio di qualità si parla, ma anche di tutela della salute, e persino di prevenzione in questo percorso che Bruxelles si appresta a fare per quanto riguarda la proposta di nuove normative sulle etichettature di vino e carne. Si parla di carne e di pesce, di vino e di superalcolici. Di etichette, insomma, che devono dare le informazioni giuste. E che dividono il modo di pensare, rispetto al cibo in generale, di un continente molto diverso per abitudini alimentare, ma che può trovare un'intesa comune sotto la bandiera della qualità.
Così, Paolo De Castro, europarlamentare Pd, attento conoscitore e studioso delle dinamiche comunitarie puntualizza immediatamente alla prima fuga di notizie che parla del piano d’azione così detto dell’Europe’s beating cancer plan, che ha inserito nella propria black list il vino e la carne: "Due passi indietro e nessuno scandalo - dice l’ex ministro all’agricoltura - L’Europa non ha messo in campo alcuna azione di disturbo. Né contro il vino né contro la carne, tantomeno contro l’agroalimentare tricolore. Quando si parla di lotta al cancro sia chiaro che tutti sono d’accordo e la lotta si porta avanti decisi. Altra cosa è dire che carne e vino sono dannosi per la salute pubblica. E farlo dire a una etichetta. Non è intenzione di Bruxelles né proibire il vino e la carne, né etichettarle come sostanze tossiche, perché fanno parte dello stile di vita europeo".
Un fatto è certo, sul tema l’Europa si mostra divisa, divisa da modelli proposti che sono molto distanti l’uno all’altro. Divisa tre volte nei modelli di etichettatura: la Francia vuole Nutriscore, i Nordici vogliono l’etichetta a serratura che chiude ogni possibilità di valorizzazione, dove non si avverte la differenza fra uso e abuso. E l’Italia? Vuole il modello batteria: vale a dire è per il consumo consapevole, poiché un prodotto italiano ha già di per sé la qualità nel brand, il famoso dolce stile mediterraneo. L’Italia dice: facciamo la qualità. Punto.
In principio è una guerra ideologica, che stando alla tecnica dell’iter legislativo europeo non arriverà in discussione alla Commissione del Parlamento prima della fine del 2022, inizio 2023. Siamo nelle fasi di gara del gruppo ciclistico ancora compatto dove si vuole assaggiare la gamba dei campioni, per capire a che punto sono gli avversari scattando di qua e di là.
Fatto sta che la Francia spinge per il Nutriscore che taglia fuori totalmente la direzione dei paesi Nordici mentre l’Italia punta al Nutrisafety, dando per scontato che Italia fa già la qualità e che il suo made in Italy agroalimentare è inattaccabile. Per lei basta e avanza. Qui vince la consapevolezza e il valore scientifico per la tutela della salute dello stile alimentare mediterraneo, che spinge sulla salute garantita dalla qualità. In poche parole: niente fa male se consapevole e di qualità.
Le tre visioni sono opposte. Nutriscore, ad esempio, portata avanti dai francesi, è l’etichetta nutrizionale a semaforo che si accende sul rosso su grassi, sale e zucchero e rischia di mettere fuori legge molti prodotti chiave del food & wine italiano. L’etichetta a serratura nordica è o dentro o fuori, del resto l’esigenza qui è davvero una misura anti alcolica e a supporto della filiera del pesce azzurro in particolare (battaglia della carne e del pesce). L’Italia, infine, va fiera del suo high quality italian style.
Per ora la guerra delle etichette è solo a livello social, “solo” con i distinguo dell’eco mediatico-politico digitale, ma De Castro tiene a raddrizzare subito il timone dicendo: "Bisogna fare molta attenzione alle declinazioni talebane dei modelli di interpretazione che taluni vogliono far passare come verità assodate. La realtà è, infatti, ben altra cosa. Ciò che tutti, istituzioni e filiere comprese, vogliono è fare capire la cultura della qualità. Questo è da sempre il modello delle produzioni italiane, improntato sulla cultura della moderazione, della sostenibilità e del consumo consapevole. Perché, diciamolo, la qualità è consapevolezza".
La bagarre europea rischia di mettere in scena una fuga bidone mettendo nel mirino i simboli del made in Italy che anche indirettamente colpirebbero - per esempio - la dieta mediterranea, patrimonio immateriale dell’Unesco, nonché la cultura e la tradizione del cibo e del vino italiano.
De Castro conosce le fasi e i contenuti delle proposte e dice su questo: "Sulle etichette nutrizionali bisogna riflettere con calma. Il Nutriscore è una proposta francese non della Commissione Ue. L’Esecutivo europeo sta vagliando questa proposta insieme a quella italiana dell’etichetta detta a batteria e a quella dei Paesi nordeuropei detta a serratura per mettere in campo analisi di impatto dei differenti sistemi e acquisire nei prossimi mesi molti pareri di esperti. Poi la Commissione farà la propria proposta e su quella daremo battaglia per arrivare a un sistema armonizzato che aiuti il consumatore a scegliere e non lo condizioni con un bollino rosso o verde".
La fuga in avanti è nelle gambe dello scatto dell’Europe’s beating cancer Plan e al proposito l’esperto europeo precisa: "Quello presentato è un non paper, cioè un piano d’azione che si tradurrà in atti concreti non prima del 2022 e più probabilmente 2023. È un documento, non è una proposta legislativa che, ammesso e non concesso che arrivi, dovrà necessariamente passare per la discussione in Parlamento".
Inoltre: "Sono vent’anni che i Nordici dicono che la carne fa venire il tumore, ma non ci sono studi scientifici a suffragio e attenzione perché l’Oms non ti dice che fa venire il cancro, ma certo se mangi una quantità di carne ciclopica sei a rischio".
Anche gli Stati Uniti hanno portato avanti una battaglia divulgativa sul junk food, facendo prevenzione sulla qualità delle calorie e non più la quantità, come dicono le linee guida mondiali della nutrizione, con tanto di report scientifici a supporto.
In questo dibattito europeo l’Italia resta la portabandiera del concetto di non demonizzare le produzioni di qualità: se mangi e bevi cibo e vino di qualità, segui uno stile consapevole e sei attento alla prevenzione sull’infiammazione, all’origine delle grandi malattie del secolo, oltre al cancro anche quelle neurodegenerative. Inoltre, ci vuole la scienza per dire le cose come vanno dette. In buona sostanza il documento dell’Europa che ha inserito nella black list carne e vino è un non paper, un documento tutto da definire, il contrario di un paper approvato dalla comunità scientifica che possa guidare nelle scelte di un modello di etichetta serio e a tutela della salute del consumatore.