Il gastronomo disperato
Compassione per i turisti che nelle belle terre pugliesi si nutrono di sushi
La sagra del pesce vecchio annaffiato da prosecco da autoclave
Quando in Emilia mi stufo di mangiare verdura cattiva e frutta cattivissima (a nord del Mercato Albinelli di Modena non so dove reperire vegetali edibili, e sono decenni che batto il territorio), prendo la macchina e vado in Puglia. Dove trovo ciò che desidero sia nei negozi appositi sia, ancor meglio, agli angoli delle strade dai venditori ambulanti motorizzati sia, meglissimo, dalle cosiddette zappatore ossia contadine o forse mogli di contadini che di buonora offrono i prodotti degli orti locali esponendoli su sedie davanti ai loro sottani (nome pugliese delle abitazioni al piano terra che a Napoli si dicono “bassi”). Dico meglio e meglissimo perché negli ultimi due casi avrò il piacere della qualità superiore e del prezzo inferiore senza rischiare il dispiacere dello scontrino (me lo ha insegnato Milton Friedman: “Il mercato nero è un modello di efficienza. Il governo un modello di inefficienza. In certe situazioni un evasore è un patriota”).
In compenso in Puglia faccio fatica a trovare un ristorante. Mentre in Emilia un piatto più o meno buono di tortelli o di anolini o di cappelletti lo rintraccio facilmente, in Puglia, specie sulla costa occupata, ingombrata, schiacciata dai turisti, trovare strascinati e cavatelli, troccoli e lagane, finanche le folcloristiche orecchiette, supera le mie capacità rabdomantiche. La specialità pugliese dell’estate 2021 si chiama Sushi & Prosecco. A volte scritto proprio così, sulle lavagnette che ostacolano il parcheggio o il passaggio. Altre volte la proposta viene formulata in modo diverso ma la sostanza è quella: pesce crudo e vino crudele (doppiamente crudele, per i vignaioli pugliesi e per il fegato). Analizzo i due elementi. Il sushi, pesci e molluschi freddi denominati alla giapponese solo per soddisfare il bisogno di dozzinale esotismo della clientela (nessun shokunin, maestro di sushi, alle viste), di norma prevede tonno, salmone e quando va bene polpo. Il polpo è il meno peggio perché delle tre specie è l’unica ad avere discrete possibilità di provenire dal mare antistante. I tonni in Adriatico e Ionio si pescano pure, ma quanti e di quali dimensioni? Considerando il tutto esaurito che in questi giorni si registra in Terra di Bari e in Terra d’Otranto (la melanconica Capitanata sfugge ai miei radar) il numero di sushivori sembra di molto superiore al numero di pinne blu e gialle sfreccianti nel non così vasto pelago. Poi ci sarebbe il salmone ma non ho nulla di non insultante da dire su chi immagina che il roseo pesce si catturi nelle acque dove si immergono veneree Emma Marrone e Bianca Guaccero. Insomma il sushi pugliese è come il sushi piemontese, la sagra del pesce vecchio.
Infine l’elemento Prosecco. I pugliesi sono allergici al vino pugliese nella misura di una malattia gravissima e forse incurabile: se da Lesina a Leuca non fanno che bere prosecco (e prosecco da autoclave, per giunta, perché a questi prezzi infimi non può che essere da autoclave) è evidente che hanno subìto una menomazione ai recettori del gusto. Dunque sbaglio a inferocirmi: devo imparare a compatirli.
Antisemitismo e fornelli