Il gastronomo disperato
Vade retro champagnomani!
Il vostro è un vino per insicuri, complessati e provinciali. Su di voi aveva ragione Charb: “Puah!”
Per colpa dello champagne ho rotto delle amicizie. Anche recentemente. Persone senza senso del limite, che insistevano troppo a glorificare lo chardonnay addizionato che sa di funghi (questo è lo champagne: quasi sempre chardonnay, dunque derivante da un ordinario vitigno internazionale, quasi sempre addizionato, quindi con aggiunte di misteriosi liquorini, sempre fungoso, ossia puzzolente di lieviti che sono nello specifico saccaromiceti, non proprio porcini ma pur sempre funghi). Persone che non si limitavano a berlo per i fatti propri (da liberale penso che uno a casa sua possa bere perfino sauvignon piscio-di-gatto) ma che ci tenevano a proporlo, a offrirlo, a imporlo fuori casa. A me.
Persone che a tavola, sghignazzando, ordinavano una bottiglia di champagne per loro e di lambrusco per il sottoscritto. Persone che te lo mettevano trionfanti sotto il naso: “Provalo! Poi mi dici!”. Avrei dovuto scaraventargli addosso Charb, il giornalista di Charlie Hebdo: “Se rifiuti di adempiere al rito, il maestro cerimoniere ti dirà che se non ti è mai piaciuto è solo perché non era del migliore. E così, convinto che questa volta avrai la fortuna di assaggiare un nettare delizioso, ficchi le labbra in quel maledetto bicchiere... Puah! E’ una schifezza immonda”.
Ma una residua cortesia mi spingeva a minimizzare. Fino a quando non ne ho potuto più e, disperato, ho troncato i rapporti. Senza perdere umanamente molto perché i bevitori di champagne sono materialisti orribili, entusiasti seguaci di Mammona: i soldi c’entrano sempre, o sono poveri che vogliono fingersi ricchi o sono ricchi che hanno bisogno di confermarsi tali. Bevanda per insicuri. Per ignari del vero lusso (spazio, tempo, silenzio) e del vero vino (terra, frutto, spirito). Per complessati e provinciali: i parigini disprezzano i bevitori di champagne quasi quanto li disprezzo io. Charb era parigino, parigine sono le autrici di “Come essere una parigina” che scrivono disgustate: “Lo champagne fa venire un alito che si può definire di fogna”. Di sicuro ti fa venire, o ti consolida, un cervello ottusamente dualista.
Lo champagnomane ha un sistema mentale binario, da tifoso di calcio. Da una parte la Francia (o meglio: quella che loro presumono essere la Francia), dall’altra l’Italia (o meglio: quel quasi nulla che loro conoscono dell’Italia vinicola). Per cui non capiscono quando nel lavandino butti pure il Franciacorta (lo champagne di Brescia). Rimangono allibiti, loro che ti pensavano patriottardo, quando dici che il vino migliore bevuto nelle ultime settimane è un rosa moravo rifermentato in bottiglia, un misto sulla carta preoccupante di blaufränkisch e riesling denominato Bum Bum Cha e prodotto in Repubblica ceca da tale Milan Nestarec. Del resto lo champagnomane non ha palato e non possiede parametri oltre al prezzo, non conosce la tecnica enologica, è scarso in storia e geografia, è nullo in teologia (non si può celebrare la messa con lo champagne, vino antispirituale per eccellenza), e dei produttori di una pozione da esportazione oltre alle bolle beve tutte le balle. E pretende che le beva anche tu. Vade retro.
Antisemitismo e fornelli