Il vino da invecchiamento è (anche) un'economia innovativa
Viaggio a Montalcino tra bottiglie secolari e innovazione economica e finanziaria. Ma "il vino esiste per essere bevuto non necessariamente subito, dà gioia anche dopo 100 anni, però il fine del vino è tutto in quei minuti in cui lo si beve", dice Stefano Cinelli Colombini
Da una parte la storia. Quella di quasi 90 mila bottiglie di Vin Santo (dal 1870) e di Brunello di Montalcino (dal 1892), ad affinare valore, anche al di là del vino, in un caveau alla fattoria dei Barbi, di Montalcino. Storia e presente splendente dei secoli nei secoli del vino in Toscana e nel mondo. Vale tra i 6 e i 7 milioni di euro di fatturato annuo.
Dall’altra, poco più avanti, sulla stessa strada del vino, a Castelnuovo dell’Abate, il futuro di una finanza innovativa, quella del Polo del Gusto di Illy (che vale complessivamente 150milioni) di una cantina - Montalcino Mastrojanni - che è innovazione naturale, per dirla in un due parole, e che rivive nel recupero da bioedilizia di un borgo antico, trasformato in cantina innovativa, dal 2008, dove si coltiva principalmente Sangiovese per il Brunello di Montalcino e Ciliegiolo, uva autoctona che regala un meraviglioso vino a tutto pasto. Vale 3,5 milioni di euro valore che contribuisce ai ricavi aggregati del gruppo Illy, gruppo che secondo stime interne vale quasi 1 miliardo, con un margine operativo lordo dichiarato nel 2020 di circa 80 milioni.
Storia e realtà. Due epoche del vino. Un racconto di finanza innovativa del vino da invecchiamento. Non è un ossimoro. Tutt’altro. È un mondo molto più concreto dell’effimera leggerezza del vino, che gli uomini amano raccontare e degustare all’estremo (talvolta esagerando) della tecnicità del gusto, ma poi, quello che conta è: un caveau di vecchie, vecchissime annate, di bottiglie acquistate all’asta o altrove, di investimenti inaspettati che ti ritrovi in cantina e decidi di conservare in quella che è la banca d’Italia del vino, ai Barbi, dove il vino sa invecchiare bene, come vuole la regola dell’investitore. Dove non è più una questione di affinamento, ma di capitale enoico di un vino fatto bene dall’uomo. Ai Barbi, parola che evoca storie di briganti e, invece, ci puoi andare per capitalizzare il tuo vino d’annata. Per mezzo secolo o più…
Stefano Cinelli Colombini, storico del vino di Montalcino e produttore di fama mondiale, è il banchiere, avvocato, agricoltore, custode di questo invecchiamento di valore. E continua a fare il vino d’annata (la 2017 per il Brunello, la 2016 per la sua Riserva) - presentato in anteprima in questi giorni al 30° di Benvenuto Brunello. Vino che invecchierà, lo deve fare per dna e disciplinare di qualità. “Acquista il suo valore dopo i 5 anni e da lì inizia una fase che ci entusiasma per tanti motivi, anche finanziari. Ma ricordiamoci sempre che il vino esiste per essere bevuto – spiega Stefano Cinelli Colombini – non necessariamente subito, dà gioia anche dopo 100 anni, però il fine del vino è tutto in quei minuti in cui lo si beve. Per questo quando mi parlano del Liv-ex, l’indice di prezzo dei vini da collezione pregiati, mi sembra assurdo. Noi qui la banca del vino la viviamo come una funzione di deposito, poiché nella realtà un’azienda che fa vino è una bottega artigianale. Anche la bottega del Verrocchio era una bottega artigianale… la differenza la fa la qualità e la sua dimensione”.
Innovazione da invecchiamento. Il patrimonio enoico cresce a Montalcino, non ci sono dubbi. Con orgoglio ne parla Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio che tutela e promuove il vino di una terra con 3.500 ettari di Doc e Docg, “dove un vigneto di Montalcino oggi sfiora un valore di quasi 1 milione di euro per ettaro - dice - per un totale di oltre 2 miliardi di euro. In 50 anni è cresciuto più di 4 volte. E in questi giorni festeggia una performance straordinaria: nei primi 10 mesi del 2021 i contrassegni di Stato consegnati sono stati il 53 per cento in più rispetto alla media degli ultimi 5 anni (bottiglie immesse sul mercato)”.
Secondo l’ente certificatore Valoritalia, sono 1,5 milioni le fascette distribuite nel mese, +106 per cento sul pari periodo del 2020 e il 177 per cento in più rispetto alla media degli ultimi 13 anni. Parallelamente, nell’ultimo anno sono crollate le giacenze dell’imbottigliato, e il valore dello sfuso è cresciuto in doppia cifra.
Non è un caso che gruppi e investitori del gusto siano approdati a Montalcino, facendo del vino quasi una ragione di vita come per Riccardo Illy. Nel Polo del Gusto del gruppo di famiglia c’è dal 2008 la cantina Mastrojanni, guidata da Andrea Machetti, ad, uomo che mette le mani negli acini e il vino lo fa con delicatezza. Accarezzando l’annata del secolo, sembra sarà la 2020, un uomo che si fa guidare dalla luna in ogni sua decisione, per il vino buono, ma gestisce la natura e le sue bizze con innovazione naturale, - come ci dice - fatta di tecnologia no stress per puntare al massimo della qualità senza snaturare, anzi, accelerando solo sull’identità, secondo la filosofia della simbiosi verticale del Brunello…
Questa è la sua filosofia, di una cantina che, in pochi anni, è diventata un punto di riferimento del Brunello di Montalcino. E ha conquistato un altro cuore, quello di Riccardo Illy che a Montalcino ricostruisce il sogno del nonno Francesco, partito in Istria con l’agricoltura (un frutteto) e poi il caffè e il cioccolato. Adesso è il tempo del vino. Il suo progetto del gusto è in cerca di un investitore come dice lui, “un socio di minoranza, atteso l’anno prossimo, un investitore che abbia la pazienza di 10 anni, perché il vino vuole tempo”, è la scommessa per fare crescere il suo Polo del Gusto: gruppo che raduna i marchi Domori (cioccolato), Dammann Frères (tè), Agrimontana (marmellate) e inoltre gestisce Gelato Libre. Un tempo lungo per un fondo di private equity: “Abbiamo fiducia, per una crescita che sta già ripartendo e sarà più sostenuta nel 2022”, dice camminando nelle vigne di Sangiovese la mattina presto… Il progetto prevede un ingresso in borsa nel 2026, intanto c’è una trasferta da concretizzare per le Langhe, in arrivo una nuova azienda frutto di “una trattativa un po’ troppo lunga, vediamo come andrà a finire, ma sarebbe interessante anche per applicare il modello di gestione della qualità incrociata delle aziende.
Lo stile e l’identità della Toscana e del Piemonte non si toccano, ma l’arte del fare buona impresa per il futuro è condivisione di modelli, di esperienze. Dall’Istria alla Toscana, alle langhe. Un viaggio nel gusto italiano. Valore enoico da investimento. Bisogna solo investire e aspettare.