Cacao amaro
Il costo del passato coloniale dell'occidente ora grava anche sui cioccolatini
Da qualche anno Ghana e Costa d’Avorio sono impegnati a evitare la produzione sporca di cacao e vogliono incidere sui prezzi, un po' come fanno i cartelli commerciali. Dalla stagione 2020/2021 ogni tonnellata di materia prima costa 400 euro in più
Cominciamo dal principio: sto mangiando un cioccolatino, come tanti in Italia, come tantissimi in Europa, perché gli europei, metti le antiche tradizioni colonialiste, metti le torte delle nonne, compresi i salami di cioccolata che abbiamo imparato a fare da bambini, insomma gli europei di cioccolata ne consumano tantissima. Tuttavia, come accade spesso, conosciamo bene il prodotto, il marchio, il brand, la percentuale di acidi grassi, litighiamo se quello al latte è migliore del fondente, ecc. ecc., ma non sappiamo cosa succede nella fabbrica. A stento sapremmo riconoscere una fava di cacao.
Allora, cominciamo dall’albero: una pianta originaria della foresta pluviale, quindi cresciuta per millenni all’ombra di alberi più alti. Per questo motivo, per rispettarne l’habitus, pur essendo una pianta capace di raggiungere i dieci metri di altezza, viene allevata sotto alberi più alti, proprio perché i raggi del sole non devono colpirla direttamente. Le piante cominciano a fruttificare solo dal quinto anno, e per circa trent’anni. Ogni pianta produce uno/due chili di semi di cacao, che poi devono essere lavorati tramite fermentazione, essiccamento e macinazione, una faticaccia. Ora, in Africa, due paesi, la Costa d’Avorio e il Ghana si dividono la produzione di cacao. Problema non da poco. Sono paesi poveri che affidano una parte del loro pil proprio alla produzione del cacao, e tuttavia, come una bella inchiesta del Guardian ha spiegato, l’industria mondiale della cioccolata sta producendo una deforestazione devastante nell’Africa occidentale.
I commercianti locali che vendono alle multinazionali di cacao come Mars e Nestlé acquistano dai piccoli agricoltori fave di cacao coltivate illegalmente all’interno delle aree protette o dei parchi nazionali del paese. Tra l’altro si vocifera di forti complicità tra funzionari delle forze dell’ordine locali che prendono delle tangenti per non denunciare le infrazioni. Comunque, il prodotto illegale viene poi mescolato, nelle varie fasi della catena di approvvigionamento, con le fave di cacao pulite, quindi può essere che il cioccolatino che sto mangiando tanto pulito non sia. Altro problema riguarda gli agricoltori che coltivano il cacao nelle aree protette: non ci guadagnano niente. Molti vivono in povertà, sfruttati e sottopagati, per non parlare della manodopera infantile. L’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite dice che 152 milioni di bambini tra i 5 e 17 anni sono coinvolti nel lavoro minorile in tutto il mondo e che l’Africa ospita quasi i due terzi di tutti i bambini lavoratori. Per farla breve, quei contadini che producono cacao, pur volendo, sono così poveri che non potrebbero acquistare, faccio per dire, una barretta di Mars.
Ma da qualche anno sia il Ghana sia la Costa d’Avorio stanno mettendo su dei piani per evitare la produzione sporca di cacao. La pulizia costa. Infatti, spingono affinché la materia prima sia pagata di più. Quanto di più? Costa d’Avorio e Ghana, che si sono uniti per formare un cartello (un po’ come l’Opec), hanno stabilito che per ogni tonnellata di cacao venduta a partire dalla stagione 2020/2021 le aziende compratrici devono pagare 400 euro in più. La somma in più è rubricata come “differenziale di reddito di sussistenza”. Le grandi aziende compratrici pubblicamente hanno detto ok, ma pare, almeno secondo i produttori di cacao ivoriani e ghanesi, che al contrario facciano storie: non vogliono pagare il differenziale. L’Unione europea ce la sta mettendo tutta ma, come spiega Politico, potrebbe non farcela a risolvere il problema, almeno non con i suoi attuali sistemi normativi.
Nella sostanza, i cittadini dovrebbero pagare di più. E purtroppo teoricamente diciamo di sì, che sarà mai, ma nella quotidianità la scorta delle belle e buone intenzioni finisce alla cassa del supermercato: se tutti i prezzi si alzano, e non solo quello della cioccolata, poi qualcosa dell’ambiente si sacrifica. La nostra è un’epoca di paradossi. L’ambiente è più protetto nei paesi ricchi e meno protetto nei paesi poveri. Certo che noi ricchi, a suo tempo e per millenni, ne abbiamo diboscato di foreste, ora con questo peccato originale difficile da emendare ci dobbiamo muovere con strumenti realistici, elaborando un decalogo di priorità e con un nuovo paradigma intesta: One Health, cioè la salute è unica e nasce dal buon apporto tra piante, terra, lavoro, diritti mani, ecc. Un concetto bello, a volte un po’ ambiguo (troppo olistico), ma costoso. La bellezza costa, pure questo è un paradosso. Ma che dire: sono sicuramente soldi ben spesi.
Antisemitismo e fornelli