Edoardo Tilli, il cuoco estremo e scrutoniano per chi cerca sensazioni ataviche
Questo non è il posto per i debosciati che bevono latte di soia. Tilli, eroe dell'Origine è autodidatta e non poteva essere altrimenti, nelle scuole di cucina non si insegna ad allevare-macellare-frollare, al massimo a cucinare alimenti standard
Finalmente ho trovato qualcuno più estremo di me in fatto di cibo. Si chiama Edoardo Tilli e compie riti alchemico-gastronomici nel suo ristorante Podere Belvedere sopra Pontassieve, comune toscano in cui abitava Matteo Renzi quand’era presidente del Consiglio e in cui pedalava Oriana Fallaci quand’era partigiana e trasportava armi da Firenze alla montagna. Luoghi bellicosi. Incontro Tilli, classe 1984, non nel suo locale ma in un posto altrettanto coerente per due carnivoristi come noi: nel retro di una macelleria. Non dirò nome e indirizzo perché la senescente Europa ha normato tutto e quasi tutto vietato, e il cibo estremo, realtà originaria, non si presta alle regole. Mentre mangiamo carne cruda alla faccia dei burocrati tempesto di domande lo stupefacente allevatore-macellatore-frollatore-cuoco, autore di un libro dall’antipatico titolo anglofono, Deep raw, che tuttavia è uno scrigno di toscane meraviglie: la filosofia della frollatura, la saggezza degli avi, gli esperimenti di avanguardia, le fotografie di Lido Vannucchi…
No, niente ricette, Edoardo Tilli non è Benedetta Rossi, ogni esemplare è unico, per età, sesso, peso, stagione, nutrizione, e non esiste ricetta, esistono l’occhio, la mano, la passione, l’esperienza. Tilli, eroe dell’Origine, è autodidatta e non poteva essere altrimenti, nelle scuole di cucina non si insegna ad allevare-macellare-frollare, al massimo si insegna a cucinare e solo alimenti standard, gli ingredienti da Michelin e “Masterchef”. Invece al Podere Belvedere si servono vacche vecchie di 17 anni e cervi in amore: “Il periodo di riproduzione fa impazzire letteralmente questi animali. Cambiano il carattere e anche le carni, soprattutto a causa degli ormoni ma pure per la scarsa alimentazione e il corpo cosparso di urina. Sono carni devastate per cui è necessaria una frollatura rigorosamente in pelle e alta umidità: in due mesi e mezzo l’animale recupera eleganza e si perdono le note violente”.
Ve l’avevo detto che ho trovato qualcuno di più estremo di me in fatto di cibo. Tutta questa sapienza antica e recentissima non si traduce negli schizzetti astratti dei ristoranti stellati ma viene presentata in modo figurativo, molto riconoscibile. “In questi giorni porto in sala una testa d’asino e la affetto davanti ai clienti”. Il bello è che non sviene nessuno, chiaramente è una clientela autoselezionata alla ricerca di sensazioni uniche, ataviche. I debosciati che bevono latte parzialmente scremato o, peggio, latte di soia, se ne stanno molto lontani da Pontassieve…
Poi Tilli fa un discorso che mi ricorda qualcuno, si dice a favore di “un’alimentazione povera che a tratti diventa straordinaria, non c’è bisogno di mangiare la bistecca tutti i giorni ma solo nelle occasioni in cui diventa segno di festa, celebrazione”. Ah, ecco chi mi ricorda, il Roger Scruton del “Manifesto dei Conservatori”: “Non dovremmo rinunciare alle nostre abitudini di nutrirci di carne ma dovremmo rimoralizzarle. Come i nostri genitori con il tradizionale arrosto della domenica”. Edoardo Tilli, cuoco estremo e scrutoniano.