Un'immagine di La Bella e la Bestia

Non tutti sanno fare tutto. Appunti ai grillini del cinema

Mariarosa Mancuso

“La bella e la bestia” esce in contemporanea con gli Stati Uniti, dando un brivido: “Non siamo più alla periferia dell’impero”. Dura pochissimo

“La bella e la bestia” esce in contemporanea con gli Stati Uniti, dando un brivido: “Non siamo più alla periferia dell’impero”. Dura pochissimo. Il tempo di andare al cinema e vedere il film doppiato. Le canzoni tradotte in italiano sono un disastro. Nessuno che mai si dia la pena di contare le sillabe, certi giri di frase e certi paroloni non combaciano con le musiche costruite sul ritmo dell’inglese. Rincara la dose il fuori sincrono, qui oltre il livello di guardia (sappiamo che è difficile far combaciare tutto, ma l’Italia si vanta di avere i doppiatori migliori del mondo, fa da testimone il disegno animato che nel 1991 filava liscissimo).

 

 

Ricaschiamo nella nostra condizione di minorità (non sapremmo chiamare altrimenti l’ostinazione a non saper leggere i sottotitoli). Di umiliazione, addirittura, quando leggiamo su Vulture un articolo che si interroga sulle scarse doti canterine di Emma Watson, provvista di due doppiatrici nella versione italiana: Letizia Ciampa per il parlato e Ilaria De Rosa per le (zoppicanti) canzoni. Se andiamo a rivedere il vecchio film – rimasto nel cuore come e più del primo amore – le performance vocali di Paige O’Hara erano strepitose. E la scena dell’innamoramento – Belle che mangia senza posate per non mettere la Bestia in imbarazzo, la Bestia che in cambio offre becchime agli uccellini (la canzone era “Something There”) – era un capolavoro di ironia.

 

Non tutti riescono a far tutto, al contrario di quel che pretendono le favole, il sogno americano inteso male, “l’uno vale uno” dei grillini. Emma Watson ha dovuto rinunciare a “La la land”, perché non era abbastanza brava nel canto e nel ballo. Vulture ripropone un bel ritorno all’antico. Sempre di doppiaggio di tratta, ma alla maniera di “Cantando sotto la pioggia”, con una controfigura vocale per le parti in musica. Come nelle scene pericolose: giusto in “La bella e la bestia” di Bill Condon c’è una scena dove sul cavallo al galoppo si vede una robusta controfigura malamente vestita, non è più la Disney del vecchio Walt. Debbie Reynolds era la brava cantante che nel film di Stanley Donen doppiava la star dalla voce gracchiante (è storia, il cinema sonoro fece tante vittime). Ai tempi d’oro del musical, Marni Nixon ebbe una strepitosa carriera in quel che allora si chiamava “ghosting”. Cantò al posto di Audrey Hepburn in “My Fair Lady”, di Deborah Kerr in “Il re e io”, di Natalie Wood in “West Side Story”, di Marilyn Monroe in “Gli uomini preferiscono le bionde” (ma solo nelle note alte, precisano le cronache).
Non tutte hanno gli acuti che in “Shrek” fanno scoppiare il cuore agli uccellini, procurando le uova per una bella frittata. Così la Dreamworks nel 2001 prese in giro la rivale Disney. Emma Watson con la sua vocina non riuscirebbe a smuovere una piuma.