Passatismo e umanitarismo. Cannes non si smentisce mai
Da Michel Hazanavicius, acclamato regista del film Premio Oscar “The Artist”, un ritratto dedicato a Jean-Luc Godard
Per la serie “son più le paure che le soddisfazioni”. Al prossimo Festival di Cannes – dal 17 al 28 maggio – viene annunciata la presenza di Michel Hazanavicius con “Le redoutable”, dedicato a Jean-Luc Godard. Il regista di “The Artist”, pensatelo come il “La la land” del 2011: invece del musical rifaceva un film muto in bianco e nero, ugualmente accusato di passatismo e scarsa abilità nel tip tap. Lo svizzero più malmostoso del cinema, che aveva cominciato con un documentario sulla diga della Grande Dixence intitolato “Opération Beton” (operazione cemento, se ci fosse bisogno di tradurre). Chissà come la prenderà, lo scontroso maestro che gira film deliranti acclamati come capolavori, se capita perfino a bordo della Costa Concordia. Titolo: “Film Socialisme”. Basta il trailer per capire come l’antipatia – grazie anche all’attore Louis Garrell – possa trasudare da uno schermo. In conferenza stampa il direttore Thierry Frémaux ha annunciato Sergio Castellitto come un redivivo Pier Paolo Pasolini – onore da spartire con Margaret Mazzantini che firma la sceneggiatura di “Fortunata” – e Jasmine Trinca come una rediviva Anna Magnani. Abbiamo sempre ammirato la capacità di farsi piacere i film che sceglie per il Festival; qui si supera.
Un titolo italiano da qualche parte bisogna pure piazzarlo, il Pasolini reloaded non sta in concorso ma nella sezione “Un certain regard”. Assieme a “Dopo la guerra” di Annarita Zambrano: “Film politico”, annuncia la regista, su un terrorista italiano condannato all’ergastolo e fuggito in Francia. Torna comoda l’Italia cinematografica che fu – c’è anche Claudia Cardinale sul manifesto, piallata dal photoshop come fu piallata, fino a farle scomparire l’ombelico, nello spot Yamamay di Paolo Sorrentino. E pure gli Anni di piombo.
Non abbiamo mai sentito tante volte la parola “migranti”, ad ascoltare distrattamente la conferenza stampa si sarebbe pensato a un convegno di volontari terzomondisti. Alejandro González Iñárritu – già voleva portare un barcone in Piazza Duomo e chiamarlo installazione – propone “Flesh and Sand”, un cortometraggio di realtà virtuale da “vivere” indossando un casco. L’esperienza di chi fugge dal Messico per andare negli Stati Uniti, senza filtri né inganni – uno spettacolo così allettante che gli spettatori faranno la fila fuori dai cinema e la crisi sarà solo un ricordo. Viva Sofia Coppola che rifà un film di Don Siegel, sommamente inattuale perché ambientato durante la Guerra di secessione. Conflitti ce n’è sempre, ma non fatevi illusioni: racconta un soldato che trova rifugio in un collegio femminile (e con il senno di poi avrebbe preferito morire di pallottole). Viva Noah Baumbach che porta “The Meyerowitz Stories”: i diritti internazionali di distribuzione sono stati comprati pochi giorni fa da Netflix, che così fa il suo ingresso trionfale a Cannes.
Politicamente corretto e panettone