Mai a Cannes avremmo pensato di divertirci tanto a un film su Jean-Luc Godard
L'altra buona notizia di "Le Redoutable" è che Michel Hazanavicius è tornato in forma. Belli anche "120 Battements par minute" e "The Meyerowitz Stories"
THE MEYEROWITZ STORIES (NEW AND SELECTED) di Noah Baumbach, con Ben Stiller (concorso)
Dove i cineasti italiani pigramente ricorrono alla voce fuori campo – signora mia, tanto comoda quando bisogna presentare i personaggi – Noah Baumbach esibisce il suo talento. Scultore che era famoso e che porta rancore ai colleghi che ancora lo sono, Meyerowitz padre viene perfettamente messo a fuoco assieme alla sua stratificata famiglia nei primi dieci minuti. Il resto è piacere puro: dispetti tra i fratellastri Adam Sandler e Ben Stiller, una casa da vendere, una mostra da organizzare, una caduta dalle conseguenze quasi fatali. Nella famiglia Meyerowitz, tra la verità e la leggenda c’era l’abitudine di tramandare la leggenda.
120 BATTEMENTS PAR MINUTE di Robin Campillo, con Adèle Haenel (concorso)
Sceneggiatore bravo non si smentisce. A Robin Campillo dobbiamo “The Revenants”: il film del 2004 con i morti che resuscitavano in massa (la serie di Fabrice Gobert ne fa tornare una manciata, in un villaggio francese). E gli dobbiamo la sceneggiatura di “La classe”, diretto da Laurent Cantet e Palma d’oro a Cannes nel 2008. Lì era la classe di un liceo, seguita nelle sue dinamiche con una naturalezza impressionante. Qui sono gli attivisti di Act Up, che all'inizio degli anni Novanta gettano sangue finto contro i dirigenti delle case farmaceutiche, colpevoli di non rivelare i risultati delle ricerche. Manifesti, slogan, guerriglia che nelle intenzioni doveva essere non violenta: tutto viene discusso durante le riunioni. Pare un documentario, ma sono scritti anche i sospiri e i palpiti, recitati benissimo.
LE REDOUTABLE di Michel Hazanavicius, con Luis Garrel (concorso)
Mai avremmo pensato di divertirci tanto a un film su Jean-Luc Godard. L’altra buona notizia è che il regista di “The Artist” - la finta pellicola del muto che nel 2012 vinse l’Oscar, mentre il Jack Russel già aveva vinto a Cannes la Palme Dog – è tornato in forma. Un anno nella vita del regista svizzero, che con “La cinese” si giocò gli spettatori di “Fino all’ultimo respiro”. Non piacque neppure ai cinesi, che lo giudicarono “il film di un reazionario imbecille”. Il capolavoro: far chiudere con cinque giorni di anticipo il Festival di Cannes 1968. C’era una rivoluzione da compiere. Tra un litigio e l’altro con la giovanissima Anne Wiazemsky che per liberarsi dell’antipatico consorte scappa in Italia, per girare con Marco Ferreri “Il seme dell’uomo”.
Effetto nostalgia