I film piacioni sbarcano a Venezia
I migranti di Ai Weiwei e Jane Fonda e Robert Redford venuti a ritirare il Leone alla carriera
Sono arrivati alla Mostra di Venezia i film piacioni. O perché intrinsecamente lo sono, o perché guai a parlarne male. Di “Human Flow”, per esempio, il film sui migranti di Ai Weiwei, parlare male non si può (lo hanno messo pure in concorso, un bel ricatto per la giuria). Bisogna farlo di nascosto, e in effetti lo fanno in parecchi che forse poi non lo metteranno per iscritto. Senza contare chi si è fatto una dormita – dura due ore e venti – e chi ha lasciato la sala prima del tempo.
La tentazione di andarsene viene al primo barcone di migranti ripreso in placide acque, con le montagne all’orizzonte e una luce azzurrina che contrasta l’arancione dei salvagenti. Però ci saremmo persi il barbone dell’artista cinese – che già in materia ha fatto parecchia pratica, con i gommoni a Palazzo Strozzi e altre installazioni – in visita ai campi profughi (di 23 paesi dice, non li abbiamo contati). In una scena vende arance. In tutte le scene, anche sotto la pioggia, i suoi profughi paiono messi in posa (magari non solo sono, magari nel fango hanno un naturale senso dell’inquadratura, ma al cinema fa testo quel che vediamo). E ci saremmo persi le riprese dall’alto, sempre sui campi profughi, che un po’ devono essere costate anche se fatte con i droni, mentre lo spettatore di buon senso pensa “Non c’era altro modo, più caritatevole se uno ci tiene, per spendere quei soldi?”. Se l’intento fosse umanitario, ovvio. Se fosse “diventare l’artista più famoso del pianeta, cogliendo qualsiasi pretesto purché ammantato di giusta causa” va bene così.
Intrinsecamente piacione è il film fuori concorso “Le nostre anime di notte” con Jane Fonda e Robert Redford venuti a ritirare il Leone alla carriera. E’ tratto dall’ultimo – e postumo – romanzo di Kent Haruf, che vanta schiere di lettori pronti a rintuzzare la minima critica rivolta verso il loro idolo. Non si era mai visto un simile passaparola, a beneficio della casa editrice NN che dello scrittore ha pubblicato anche la trilogia di Holt: “Benedizione”, “Crepuscolo”, “Canto della pianura”. Altri tre film pronti per chi se li piglia, speriamo qualcuno più adatto di Ritesh Batra, il regista indiano del delizioso “Lunchbox” – una storia d’amore, fa da scintilla uno scambio di schiscette a Bombay – poco a suo agio in Colorado (non tutti sono bravi come Ang Lee, che arriva da Taiwan e può ambientare “Brokeback Mountain” in un ranch del Wyoming).
Il film sarà su Netflix il 29 settembre. Strana scelta - era più in target il pubblico delle sale – per una storia tra due anziani vedovi, con Jane Fonda (capelli bianchi e grigi) che chiede a Robert Redford (tinta rossastra): “Posso dormire da te qualche volta? Solo per chiacchierare”. Primo attacco di piacionismo – i vecchietti e le vecchiette li preferiamo più acidi – e molti altri seguiranno. Vietato dire era meglio il libro: sono uno la fotocopia dell’altro.
Politicamente corretto e panettone