Non è un po' invecchiato il ruolo dei criticoni del cinema?
Dibattito, e un bel po’ di pellicole da vedere alla Festa del cinema di Roma
Quando Ryan Gosling non era ancora “quel gran figo di Ryan Gosling” (si poteva perfino confonderlo con l’altro Ryan, che di cognome fa Reynolds) girò un film intitolato “Lars e una ragazza tutta sua”. Aveva la parte di un giovanotto timido, che come Linus non riusciva a staccarsi da una copertina azzurra lavorata all’uncinetto. Finché decide di ordinare una bambola gonfiabile – grandezza naturale, come nel titolo del film di Luis Garcia Berlanga con Michel Piccoli, dentista innamorato della sua bambolotta di gomma (nel 1973 assai più rudimentale) – e se la porta in giro a mo’ di fidanzata. Anche in chiesa, dando scandalo ai parrocchiani. Intanto però la copertina azzurra finisce in fondo a un cassetto. Notiamo per inciso che dal 2007 sembra passato un secolo: film con questa trama vengono uccisi in culla.
In cerca di altre storie bizzarre, Craig Gillespie ha incontrato Tonya Harding, una delle poche pattinatrici al mondo brave nel triplo axel (tre giravolte in aria, per capirci, magari con la testa che ancora ha le vertigini per le figure precedenti). L’unica che fu accusata di aver rotto un ginocchio alla rivale. Era il 1994, l’azzoppata si chiamava Nancy Kerrigan. Dalla storiaccia esce “I, Tonya”, magnifica black comedy vista alla Festa del Cinema di Roma. Ruoli in commedia: una terribile madre (l’attrice è Allison Janney, perfetta), un marito sprovveduto e manesco, un amico del marito convinto di essere un agente segreto (“sempre quattro passi davanti agli altri” è il suo motto; ma vive ancora in casa della madre).
Era tanto che al cinema non si vedeva una simile banda di idioti. Attorno a una poveretta che sapeva pattinare benissimo, ma non aveva gusto per i vestiti, né per pezzi adatti al gusto delle giurie (c’era l’idea che il pattinaggio artistico dovesse somigliare alla danza classica). Imbruttita e involgarita – come sempre tocca alle bionde che vogliono farsi valere – Margot Robbia sta liberando il caminetto per far posto all’Oscar.
Mariarosa Mancuso
Critical Conditions era il titolo dell’incontro con il formidabile e mite A. O. Scott, critico del New York Times, e con la storica Annette Insdorf, storica e docente di Cinema. Mario Sesti parla della crisi della critica in tempi di instant e fake news, osservando che la parola “critica” deriva proprio da “crisi”. Scott parla non solo dell’inevitabilità per un critico di sbagliarsi nel dare ogni settimana all’impronta, l’opinione su cinque o sei film (ai festival se ne vedono almeno una ventina in 10-12 giorni) ma del dovere di sbagliarsi per un critico. Il primo parere su un film è soltanto l’inizio di una conversazione. Sesti gli chiede se non sia obsoleto il ruolo del critico in epoca di Amazon, Netflix e blog che sparano giudizi istantanei. Scott: “Credo che ci sarà sempre bisogno della parola scritta, di riflessioni ponderate; le fake news e la fuffa sparata da sconsiderati blogger non potranno sostituire la critica di qualità. E’ un mestiere, come disse il compianto André Bazin dei Cahiers du cinéma, che si fa per prolungare il piacere di vedere un film”. Si parla dell’evoluzione della critica, e dell’amato autore che l’ha cambiata, James Agee (Agee On Film). Si parla della Teoria degli autori (Andrew Sarris, 1962) e della convinzione che anche la critica possa essere autoriale. Scott attribuisce la teoria dell’autore a Giorgio Vasari e le sue biografie di eccellenti pittori, scultori e architetti tra cui Michelangelo (Le vite). Annette Insdorf propone i tre criteri per giudicare un film d’autore, elaborati da giurata alla Berlinale, 1998: 1. Una bella storia ben raccontata, che vale il prezzo del biglietto. 2. Uno stile cinematografico preciso e riconoscibile. 3. La risonanza, in senso figurato, qualcosa che tocca le nostre corde più profonde e rimbomba nella memoria che ci migliora come esseri umani.
Giunti oltre metà Festa, ecco i film preferiti visti finora: Last Flag Flying (Oscar subito a Steve Carell); Stronger (Jake Gyllenhaal, da Oscar come attore, boring da conversatore); Cabros de mierda (tre generazioni di donne e un missionario nel Cile di Pinochet); Hostiles (un Christian Bale da urlo); I, Tonya (Allison Janney, da nomination per la tostissima mamma); The Party (scoppiettante commedia anticonformista di Sally Potter); Detroit (pugno nello stomaco straordinario). E la Festa continua!
Politicamente corretto e panettone