La Festa del cinema finisce, stavolta con pochi mugugni
La dodicesima edizione della kermesse romana sta per concludersi e le soddisfazioni sono state tante, con un budget ridotto
La Festa di Roma 12 s’avvia alla fine domenica con meno mugugni del solito da parte dei giornalisti. Monda, con capriole e inventiva ha di nuovo tirato un gran coniglio fuori da un cilindro quasi vuoto. Il budget è assurdo, 3 milioni e 417 euro, un quarto di Venezia, un settimo di Cannes e Berlino. Con più grana, si potrebbe portare più star. Ma che gli devi dire, se si sono visti tanti godibili film, che mettono sempre di buon umore, e c’era una star al dì, non solo per il Red Carpet e le conf stampa, ma per gli eccezionali Incontri ravvicinati con gli artisti; agli altri festival le star non si raccontano per un’ora e mezza, come alla Festa, parlando dei film che li hanno formati. Il nostro preferito è l’enfant prodige Xavier Dolan, raro regista-attore che afferma “mi manca la recitazione, spero di farlo di più in futuro, sia per me sia per altri”, e ammette di aver visto pochi film in vita sua. L’ha ispirato a fare la regia Titanic, intrattenimento puro di qualità ma non cinema d’essai; un anticonformista nato. Poi c’era lo scooppone del solitamente orso Nanni Moretti, che regala un suo corto nuovo e annuncia alla Festa (da cui si era sempre tenuto lontano) di aver sconfitto un altro tumore, e si alza per flettere i bicipiti alla sala gremita ululante. Non sorprende che gli incassi sono saliti parecchio; sapremo quanto nell’incontro di chiusura.
La mostra Trame d’autore è da visitare. Ci sono le opere di sei artisti, ripresi da sei scrittori, che ispirano sei cortometraggi, da un’idea di Simona Marchini. Il gruppo di opere di Marina Sagona (disegni, sculture, video) sulla dipendenza nei rapporti masochisti ci hanno colpito, in particolare lo slip fetish nero in gesso e latex. Un’idea geniale quella di far vedere, prima di ogni proiezione, scene di danza da film come Pulp Fiction, West Side Story, Sweet Charity. Non ci stanchiamo mai di vedere quella con i boys nazisti che sgambettano e cinguettano, “Don’t be stupid, be a smarty, come and join the Nazi Party!” dal musical The Producers: una gaia commedia neonazista, di quel genio di Mel Brooks. A proposito di Maria By Callas, l’ottimo docufilm sulla più stravolgente cantante d’opera mai esistita: per approfondire leggete l’eccezionale antologia di saggi di studiosi, artisti e amici, curata da Jacopo Pellegrino e Luca Aversano, Mille e una Callas, Voci e Studi (Quodlibet). Michael Shannon, il più bravo “cattivo” del cinema (candidato all’Oscar per Revolutionary Road e Animali notturni) che in Trouble No More sul Bob Dylan cristiano, è sensazionale come predicatore evangelico.
The Current War, sulla corsa assassina tra i titani dell’elettricità Thomas Edison (Benedict Cumberbatch) e George Westinghouse (Shannon) che doveva uscire a fine mese: ora è sospeso sine die per lo scandalaccio Weinstein, produttore del film; l’eterogenesi dei fini. Trudie Styler, moglie e mamma dei quattro figli di Sting, era qui come regista di Freak Show (Alice) film narrativo su bullismo contro un liceale gay. La sessantenne, attrice e produttrice di cinema, vincesse pure un Oscar, sarebbe sempre descritta come “every inch a rockstar’s wife”.
Politicamente corretto e panettone