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Dalla serie tv al cinema, ecco il prequel dei "Soprano"

Mariarosa Mancuso

Sarà "The Many Saints of Newark" il titolo del film, scritto da David Chase e David Konner, che completerà la saga della serie che ha fatto la storia di Hbo

Prima o poi bisognerà trovare il tempo. Prendersi dieci giorni di vacanza, organizzarsi con viveri e amici, guardare uno dopo l’altro gli 86 episodi dei “Soprano”. Occupazione più godereccia delle gare di “binge watching” a cui vorrebbe indurci Netflix, via newsletter. Senza afferrare le più elementari regole della psicologia umana, per gran parte basata sul dispetto: mi diverto con le maratone finché son fatte di straforo, se diventano obbligatorie torna la voglia degli episodi somministrati in dosi settimanali (assieme alla voglia di episodi pilota che spingano ad avanzare per sapere cosa succede, non se succede qualcosa).

 

Ravviva la passione, una decina d’anni dopo l’inizio della serie che cambiò la storia della televisione e di Hbo, la notizia che David Chase sta lavorando a un prequel, e sarà un film. Secondo “Deadline”, il primo a far girare la notizia, dovrebbe intitolarsi “The Many Saints of Newark”. Precisa, la Newark che Philip Roth racconta in “Pastorale Americana”, con i disordini razziali del 1967, scoppiati dopo che un tassista nero fu massacrato dai poliziotti per un’infrazione stradale. Era di luglio, qualche giorno dopo scoppiò la rivolta di Detroit fatta rivivere (dire “racconta” è poco) da Kathryn Bigelow. Assieme alla Guerra del Vietnam, fa crollare il già precario equilibrio politico – e mentale – della sedicenne Merry, la figlia di Seymour Levov detto “lo svedese”.
Nella Newark condivisa da Philip Roth e David Chase troveremo i genitori di Tony soprano, Johnny Boy e la tremenda Livia. Probabilmente anche Tony da piccolo, cosa che molto elegantemente affronta il dolore per la morte e l’impossibile sostituzione di James Gandolfini. I neri combattevano per i diritti civili in una città dov’era fortissima la segregazione, mentre i bianchi criminali cercavano di conservare il predominio. In “American Gangster” di Ridley Scott – il film comincia nel 1968 a Harlem e segue l’ascesa di Frank Lucas (sua l’idea di contrabbandare l’eroina nelle bare dei soldati americani) – vengono precisamente calcolati i danni. “Quel nero è riuscito a fare in pochissimo quel che alla mafia ha richiesto cento anni”.

 

David Chase scriverà il film insieme a David Konner. Speriamo vada tutto bene, i passaggi dalle serie al cinema non sempre funzionano. “Not Fade Away”, il precedente film dello showrunner su una band che nel New Jersey cerca di imitare i Rolling Stones non ha avuto troppo successo. E neppure ha lasciato un gran segno il film girato da Matthew Weiner, “Are You Here” (sui “Soprano”, avevano lavorato assieme). Per diversificare, Weiner ha scritto il romanzo “Heather, più di tutto” (neanche questo memorabile). Promette meglio “The Romanoffs”, scritto così: serie antologica in lavorazione sui sedicenti discendenti dello zar. Accuse di molestie – e censura preventiva di Amazon – permettendo.

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