La Grande Guerra raccontata da Ermanno Olmi
L'intervista al regista, che aveva scelto le trincee italiane sull'Altopiano di Asiago nel 1917 come ambientazione del suo ultimo film "Torneranno i prati"
Raccontare la Grande Guerra perché "la più grande stupidità criminale che l'umanità possa compiere" non si ripeta. Cento anni dopo il conflitto, Ermanno Olmi aveva scelto le trincee italiane sull'Altopiano di Asiago nel 1917 come ambientazione del suo ultimo film "Torneranno i prati". Il regista si è basato sui romanzi celebri ma soprattutto sui racconti di anonimi: "Io scoprivo cose che prima, anche su libri letti, non avevo considerato come importanti. Invece poi mi sono reso conto che le celebrazioni in genere non sono amiche della verità: ci sono canti, bandiere cerimonie, però tutto più che per ricordare sembra fatto per dimenticare".
Il ricordo di bambino torna al padre, che andò al fronte: "Quella guerra che costituì per quei giovani un momento di grande sentimento patrio, ancora oggi mi commuove e mi fa dire che c'erano momenti di solidarietà che oggi nelle guerre globali non ci sono più. Proprio perché era una guerra combattuta dai poveri, dai miserabili dagli ultimi, tra loro si riconoscono uguali". Nel film, che si svolge nel corso di una notte, i personaggi non hanno un nome ma un ruolo: dall'ufficiale territoriale Claudio Santamaria al sergente, dalla vittima, al volontario. A un certo punto qualcuno disobbedisce a un ordine arrivato dall'alto. "La disobbedienza può essere un atto di eroicità richiesto a tutti i cittadini ma allora gli altri devono reagire, hanno il dovere di farlo perché il disobbediente è morto anche per loro". Nel titolo c'è un messaggio di speranza. "Torneranno i prati, torneranno e noi dovremo stare attenti perché non si facciano più ferite di trincee o buchi di bombardamenti".
Video a cura di Askanews