Il film adatto per zittire le quote rosa
“Montparnasse femminile singolare” ha una regista e sceneggiatrice. Ha donne nei ruoli tecnici, che poi sono artistici quanto gli altri: direzione della fotografia, scenografia, musica. Ha un’attrice magnifica
La Caméra d’or – premio per il miglior primo film – è andata quest’anno a “Girl” di Lukas Dhont (una ragazza che si sente prigioniera di un corpo maschile passa ore alla sbarra per fare la ballerina classica, gli ormoni dovrebbero fare il resto ma tardano). La Caméra d’or di Cannes 2017 era andata a “Jeune femme” di Léonor Serraille, uscito l’altro ieri in qualche raro cinema. Nel 2016 il premio era andato a “Divines” di Uda Benyamina, un intreccio di fondamentalismo, spaccio e periferie che nei cinema italiani non abbiamo mai visto. Questo per dire quanto siamo in ritardo rispetto a quel che succede attorno a noi. Senza contare che questo periodo – tra decine di titoli finanziati a fondo perduto, nessuno li vedrà e daranno la colpa al tempo, non alle fregature prese dagli spettatori con il cinema italiano – non giova alle uscite in sala. Cosa aspettano i piccoli distributori a coalizzarsi e ragionare su come far vedere al pubblico i film adesso, quando lo streaming esiste e bisognerebbe cavalcarlo, non temerlo. Peggio, chiudere gli occhi e sperare che sparisca.
Detto questo, “Jeune femme” di Léonor Serraille – titolo italiano “Montparnasse femminile singolare” – sarebbe il film adatto per zittire le quote rosa, il lamento sulle donne che non dirigono film, certi ritratti di femmine che fanno rabbrividire mentre li guardiamo. Se lo chiede anche Peter Bart su Deadline: “Come mai tutto questo parlare di empowerment produce ruoli femminili tanto miseri?”. Parla dell’America, mentre a Cannes hanno premiato come migliore attrice Samal Yeslyamova: in “Ayka” partorisce, abbandona il neonato, sanguina, ha la montata lattea, cerca lavoro e cibo per le strade innevate di Mosca, è inseguita dai prestasoldi, va a riprendersi il pupo quando capisce che lo può vendere (in Siria quotano 500 dollari, lo abbiamo imparato guardando “Capharnaüm” di Nadine Labaki, premiata pure lei).
“Montparnasse femminile singolare” – da vedere dopo aver visto l’obbligatorio “Dogman” di Matteo Garrone (se invece siete rimasti indietro con Berlusconi&Sorrentino non affrettatevi) – ha una regista e sceneggiatrice. Ha donne nei ruoli tecnici, che poi sono artistici quanto gli altri: direzione della fotografia, scenografia, musica. Ha un’attrice magnifica, la rossa Laetitia Dosch con un occhio verde e uno marrone. Racconta una ragazza lasciata dal fidanzato dopo dieci anni. Prende a capocciate la porta e al pronto soccorso racconta i fatti suoi all’infermiere di turno. Deve imparare a cavarsela da sola: l’amica incinta la caccia di casa, pervia del gatto rubato al fidanzato. Una “Frances Ha” a Montparnasse – al cimitero cerca di mollare il micio. Una scena ovvia o già vista sarà pure venuta in mente a Léonor Serraille (sennò la ragazza è un mostro). Ma nella sceneggiatura resta solo roba di prima scelta.