L'Italia più bella raccontata da Carlo Vanzina, quella che non avremo più
È morto a Roma il regista e produttore. “Sottovalutato dalla critica, come tutti i grandi”, dice Carlo Rossella
Carlo Vanzina è morto questa mattina a Roma, aveva sessantasette anni e li ha passati tutti a far cinema, da attore e regista e produttore, sin da quando era ragazzino, per via di suo padre Steno e di Monicelli, con il quale lavorò a "Brancaleone alle crociate" e che lo maltrattava e temprava ("mi faceva tornare a casa piangendo", ha raccontato una volta) per renderlo quello che è stato: uno dei più grandi, dei più irresistibili. Era uno dei due fratelli che hanno affrescato gli anni Ottanta, il colpo di coda del Novecento italiano: i fratelli Vanzina.
Carlo Vanzina ha firmato, da regista, sessanta film: il primo nel 1976 ("Luna di miele in tre", con Renato Pozzetto che faceva la parte di uno che moriva d'amore per le ragazze tagliuzzate dalle riviste erotiche) e l'ultimo l'anno scorso ("Caccia al tesoro", con Vincenzo Salemme). In mezzo, "I fichissimi"; "Eccezzziunale…veramente"; "Sapore di mare"; "Vacanze di Natale"; "Via Montenapoleone": i film-canzoncina o canzonetta, come vi pare, quelli che quando qualche scriteriato cancellerà dalla programmazione estiva e natalizia della Rai, vorrà dire che saranno finite sia le estati e sia i Natali, almeno come li abbiamo conosciuti negli ultimi quarant'anni. I film della spensieratezza che cominciava a diventare irresponsabilità. "Senza i film di Carlo ed Enrico, non vedremmo né ricorderemmo più niente degli anni Ottanta, forse i più belli del secolo scorso", dice al Foglio Carlo Rossella, presidente di Medusa Film. "Anni indimenticabili dei quali i Vanzina hanno dato un'immagine reale e sempre molto divertente, sofisticata, impennata e dei quali non è rimasto niente di niente: quell'Italia è stata distrutta da una generazione di intellettuali e politici che fanno ribrezzo". Ha scritto Guia Soncini che Carlo Vanzina è stato accusato "d'aver creato la volgarità mentre si limitava a raccontarla e d'assomigliare agli italiani che ci mostrava: sbruffoni, megalomani, millantatori dell'apertura mentale". Intanto, per decenni siamo andati tutti (compresi i detrattori, molti dei quali a un certo punto si sono ricreduti e reinventati come qualificatori del kitsch) a vedere l'ultimo dei Vanzina al cinema e fino a qualche anno fa lo facevamo persino in famiglia. Dice Rossella: "Carlo ci ha fatto vedere i personaggi che volevamo vedere, ci ha fatto divertire di noi stessi e ci è riuscito perché il primo a divertirsi come un matto era lui: si vedeva dalla scrittura, dalle battute. Se c'è una cosa che manca da almeno un paio di generazioni, in questo paese, è un regista e ideatore di film che si diverta a fare quello che fa, mentre lo fa". Lo stiamo leggendo dappertutto: Carlo Vanzina ha raccontato la borghesia italiana, il nostro più grande desiderata - la borghesia di status e soldi e carriere minime, la borghesia impiegatizia senza senso di niente se non di sé, con i genitori più abili di sempre a straziare i figli - e lo ha fatto in modo formidabile e feroce. "I borghesi di allora andavano a Forte dei Marmi e a Fregene: sono posti che resteranno scolpiti nell'immaginario collettivo di tutti grazie a Carlo", dice Rossella. "Il sogno della borghesia italiana è avere una figlia principessa", ha detto qualche mese fa Enrico Vanzina, in un'intervista all'Huffington Post. E' l'ingenuità e la grettezza di quel sogno che Carlo Vanzina ci ha portati, tutti, ad ammettere di avere e chi lo sa se è per questo che in tanti lo hanno sempre voluto prendere sotto gamba, archiviarlo come robaccia nazional-popolare nel senso peggiore e più scadente possibile.
"In Italia va sempre così: chi fa cinema divertente viene sottovaluto dalla critica. E' successo anche a Totò. Abbiamo preso con leggerezza i film leggeri, che invece erano i migliori, i più pesanti e indigeribili", dice Rossella, che poi aggiunge: "Ci mancherà moltissimo, perché era un grande regista e vederlo lavorare, per me, è stato un privilegio assoluto, ma soprattutto perché era un grande italiano".
E la chiudiamo così. Pochi minuti dopo, però, Rossella richiama: "Senta, scriva anche che Carlo Vanzina era soprattutto un appassionatissimo tifoso della Roma e questo, per come la vedo io, gli rende ancora più onore".
I funerali saranno celebrati martedì mattina, alle undici, presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli.
Politicamente corretto e panettone