Una mosca nello spazio. Così è iniziata Venezia75
Mica male “Il primo uomo”, anche se i razzi non sono la nostra passione. E la Bassottina scodinzola
Nei quadri dei pittori, antichi e meno antichi, capita di trovare qualche mosca. Dipinta con realismo, misura l’inganno della tela e la bravura dell’artista. C’è una mosca anche nella navicella che serve a Neil Armstrong per simulare l’aggancio nello spazio. C’è nel film di Damien Chazelle che ha aperto ieri la Mostra di Venezia, onore dovuto al regista che l’anno scorso iniziò dal Lido la corsa verso l’Oscar. C’è nel film con Ryan Gosling (nella realtà, non lo sappiamo) e ha esattamente lo scopo della mosca dipinta: uno sfoggio di realismo e di bravura.
“Il primo uomo” – nelle sale italiane dal 31 ottobre – non era in cima alla nostra lista dei desideri. Ai maschi con i razzi preferiamo i ballerini di tip tap con le scarpe bicolori. E una ragazza ballerina in giallo che mette allegria, qui la povera Claire Foy (ex giovane regina Elisabetta in “The Crown”) declina tutte le sfumature della “trepida attesa”. Ma il giovanotto di Providence si incunea tra “Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick e “Gravity” di Alfonso Cuarón, mettendo lo spettatore dentro alla navicella, che trema e vibra, pare sempre sul punto di sfasciarsi, mentre i pulsanti di allarme inutilmente lampeggiano. E’ una storia scandita dai funerali, e quando la luna è in vista – con la sua bella mappa cartacea – sembra di rivedere la passeggiata tra le stelle al planetario in “La La Land”. Notiamo anche qualche altro tentativo di musical “meccanico”, sbuffi di vapore e pomelli che vanno su e giù.
“Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini – con Alessandro Borghi nella parte di Stefano Cucchi, lividi e cadenza di impressionante e angoscioso realismo – ha aperto la sezione Orizzonti. Uscirà in contemporanea su Netflix e nelle sale, il 12 settembre. Più fragili (parlando di cinema) le scene in famiglia. Spettatori interessati? Non si sa. Del resto il film sembra concepito primariamente per lanciare chi lo ha scritto e diretto, oltre che per introdurre dibattiti sulla situazione delle carceri e della giustizia italiane.
Mariarosa Mancuso
Dall’insolita folla di giornalisti in giro già il giorno dell’anteprima, si capisce che la promessa della Selezione ufficiale della Mostra 75 ha mandato su di giri tutti. Sono molte settimane che non si trova un buco per russare nemmeno a carissimo prezzo, eppure i veneziani sanno cogliere l’attimo con destrezza. Solo scorrendo i titoli di Venezia 75, la sezione dei Leoni d’oro, viene da zompare sui divani come Tom Cruise da Oprah Winfrey quando era fresco innamorato di Katie Holmes. Speriamo di non disilluderci come lei (che fuggì inorridita nottetempo, mettendo in scacco marito e Scientology). Ci sforziamo di fare gli scettici ma le cagnette sorridono con la coda, e la nostra scodinzola a raffica. Qualche esempio dalle varie sezioni: i F.lli Coen (“The Ballad of Buster Scruggs”) Mike Leigh (“Peterloo”), il remake di “Suspiria” di Luca Guadagnino, l’unico, ripetiamo l’unico regista italiano veramente internazionale, che fa innamorare il mondo intero e arricciare il naso a tanti nostri snob; poi Jacques Audiard (“The Sisters Brothers” con l’impareggiabile Joaquin Phoenix) e Peter Bogdanovich presenta “The Great Buster” – Keaton, who else? – E ancora “Roma” di Alfonso Cuarón, “The Other Side of the Wind”, l’ultimo, travagliato film di Orson Welles, finalmente completo. Come rimproverare una Mostra che mette insieme David Cronenberg (Leone alla carriera e Master Class) e Lady Gaga (il quarto remake di “E’ nata una stella”, con Bradley Cooper coprotagonista e regista debuttante)? Andremo alla verifica, certo, delusioni ci saranno, sicuro. Ma dopo l’ultimo capitombolo di Cannes (deludente sulla carta e nei fatti), festival che sul piano artistico ormai è superato col botto dalla Mostra, se andasse buca pure al Lido, aiuto mamma. Aggiungiamo che, scrive il Gazzettino, la 75esima brilla per il più alto numero di attori e registi e per il più basso di politici. Persino l’unica donna dei Leoni 75, l’australiana Jennifer Kent, arriva dall’inatteso successo di “The Babadook”, thriller psicologico paranormale, con l’opera seconda “The Nightingale”, un revenge thriller truculento che persino la bassotta fifona can’t wait to see. Domani racconteremo la scoperta del concorso Vr: Virtual Reality, che noi pensavamo essere noiose Playstation per adulti; nulla di più sbagliato. E molto altro.
Effetto nostalgia