Marziani a Venezia 75
Al Lido girano il ministro Salvini e perfino fake news sull’allunaggio. Ma alcuni film sono proprio belli
Quando un regista finora piuttosto insopportabile come il greco Yorgos Lanthimos porta un film che delizia lo spettatore con una guerra tra dame. La Mostra di Venezia mette a segno un altro bel colpo (il secondo, dopo l’apertura con “Il primo uomo” di Damien Chazelle). “The Favourite” racconta la regina Anna, ultima degli Stuart: sotto il suo regno – durato dal 1702 al 1707 – prese forma il sistema a due partiti, tory e whig; Daniel Defoe inventò Robinson Crusoe, e Jonathan Swift scrisse “I viaggi di Gulliver”.
Guerra tra dame fatta di soli colpi bassi, mentre a corte ci si diverte con la corsa delle oche, la battaglia delle arance, il tiro al piccione (vero, lanciato da un indiano con il turbante). “Sei qui per sedurmi o per stuprarmi?”, chiede la servetta all’uomo imparruccato che fa irruzione nell’umile stanzetta. “Sono un gentiluomo”, risponde lui. “Allora per stuprarmi”, conclude la serva che diventerà padrona. Lanthimos usa il grandangolo e svecchia i film in costume. Miracolo di una brillante sceneggiatura, per una volta non firmata da lui.
Non è finita, subito è arrivato il terzo grande film (finora, il programma ne promette altri). “Roma” di Alfonso Cuarón fu rifiutato dal Festival di Cannes in nome della guerra a Netflix, scatenata non in nome del cinema ma per i capricci dei distributori francesi. Mossa incauta, tutta a favore della Mostra di Venezia. Prima di vederlo, si poteva pensare che forse il film non era riuscito tanto bene. Dopo averlo visto, garantiamo che è riuscito benissimo: autobiografico (“Roma” è un quartiere di Città del Messico, dove il regista è nato nel 1961) e universale, perché racconta una storia upstairs/dowstairs. “Le serve di città si danno più arie delle padrone”: la perla di saggezza ricorda “Downton Abbey”, e la gerarchia dei posti a tavola che giù nelle cucine è rigida come ai piani alti. La storia di una famiglia e della sua cameriera preferita, in bianco e nero. Netflix medita di distribuirlo anche nei cinema, sarebbe un peccato sprecare inquadrature così ricche di dettagli.
Mariarosa Mancuso
La Lexus Lounge manda una mail per vantare la presenza a cena la sera della prima di (trombe, please) ta-ta-ra-ta-ta-ta Matteo Salvini! Come sanno ormai pure le pantegane, il ministro era al Lido per trovare la sua galpal Elisa Isoardi, una sirena in paillettes azzurre con spacco. Vederlo incedere abbronzato, impettito, superbo come d’Annunzio a Trieste, selfie a destra e a manca e nemmeno un fischio dai cinematografari, storditi per la presenza del lupo nella tana del cinema, era uno spettacolo nello spettacolo, degno di Lewis Carroll. Alla cena inaugurale c’erano politici Pd Walter Veltroni e Francesco Rutelli con Barbara Palombelli; in formissima Babs sfiderà Lilli Gruber alle 20 e 30 in autunno su Rete 4. C’erano tutti i giurati inclusi Naomi Watts e Guillermo Del Toro, poi Paola Barillari e Alessandra Cerasi, collezionisti d’arte, Antonio Monda, Marina Cicogna, Piera Detassis Henry Chu (Variety) Daniela Santanchè, splendente in oro lamé dalla testa ai piedi: “Mi accusano di mettermi in mostra; ma che si va a fare a una serata mondana, per farsi vedere, no?”. Scomparsa Marina Ripa di Meana, lei è l’unica bellezza ironica e strafottente su piazza. Dimitri d’Asburgo Lorena è sicuro che l’allunaggio (tema di “First Man”) non sia mai successo ma fu creato in studio dal Deep State. Prima di ridacchiare “ecco la destra”, sappiate che la pensa uguale il regista Paolo Genovese, giurato di Venezia 75, tié. La cena era servita a tavola, buffet solo per i dolci; meno spreco ma Moët Chandon Impérial a fiumi, thank God e Paolo Baratta. Venice Virtual Reality è da non perdere. L’anno scorso l’abbiamo schizzato pensando alle cefalee da 3D. Grazie alla brava pr Marilisa Capuano, abbiamo preso la navetta per l’isola del Lazzaretto Vecchio per provare le tre categorie: Stand Ups, Installations e VR Theatre. Come astronauti dello sballo, si fa dei trip da cannone di sinsemilla ma senza l’ammenda. “X-Ray Fashion” è bello e colpevolizzante sull’industria della moda che avvelena i paesi del Terzo Mondo. “Spheres” (Eliza McNitt) è estatico e interattivo, un viaggio stupendo dentro (sic) il sistema solare. Accattivante “Crow: the Legend” fumetto interattivo (joystick!) con le voci di John Legend e Oprah Winfrey. Reggono finora i pronostici positivi: 3 film su 4 dei candidati al Leone d’oro son proprio belli.