Girl
di Lukas Dhont, con Victor Polster, Arieh Worthalter, Nele Hardiman, Katelijne Damen, Valentijn Dhaenens
Per ampliare i nostri orizzonti ci siamo iscritti mesi fa a una newsletter intitolata “Them”, vale a dire “loro”. Il modo politicamente corretto per riferirsi a persone che non vogliono essere inquadrate come maschi o come femmine (a New York e in Canada volendo si può avere una X sui documenti). Non va più tanto bene neanche “transgender”, troppo limitante: il direttore Tyler Ford preferisce definirsi “privo di genere” e si fa portavoce degli individui “non binary” (avevamo appena imparato a scrivere Lgbtq senza doverlo controllare ogni volta, ora va aggiunta la “I” di “intersexual”). Protesta, come qualsiasi minoranza conosciuta, perché al cinema non si sente rappresentato, o forse dovremmo dire, per correttezza di linguaggio, “non si sentono rappresentati”.
Cambierà idea dopo aver visto “Girl”, il film che il Belgio ha appena candidato agli Oscar. Lara ha quindici anni e vuole fare la ballerina classica, quindi si sfinisce di esercizi alla sbarra. Dove sta il dramma? Victor è nato maschio, come tale registrato all’anagrafe, ma quel corpo non lo sente suo. Prende gli ormoni, si fascia stretto prima di infilare calzamaglia e tutù, aspetta il momento in cui potrà cambiare sesso per davvero (le inquadrature sulle scarpette da punta e sui piedi insanguinati anticipano che non sarà facile). Un papà straordinariamente comprensivo “li” aiuta in tutto e per tutto, dalle lezioni di ballo per Lara alla visita dallo psicologo per Victor (nella categoria “genitori modello, esagerati per esigenze di copione” batte perfino il papà di Timothée Chalamet in “Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino). Soffrire si soffre, tormentandosi le mani, al pensiero che Lara/Victor verranno smascherati. Si ammira la bravura dell’attore e ballerino Victor Polster. Ma resta un film di nicchia, per via del balletto soprattutto. Conosciamo spettatori che al solo pensiero fuggono: “Billy Elliot” ha avuto successo perché c’erano i minatori. Va meglio con gli spettatori di professione. “Girl” sta collezionando premi e altri onori “di rappresentanza”. Solo a Cannes, la Caméra d’or per il debutto, e il premio per l’attore nella sezione “Un certain regard”.
Politicamente corretto e panettone