Cosa non perdersi della Festa del Cinema di Roma 2018
Zucche, zucche e zucche sugli schermi del festival
Con un po’ di anticipo su Halloween, alla Festa di Roma son zucche, zucche e ancora zucche. Leviamoci subito il pensiero: ai sovranisti convinti che “i bambini italiani non dovrebbero seguire rituali d’importazione”, regalare subito “Halloween - La notte che i morti ritornano” di Eraldo Baldini. Ovvero: “Tutte le sorprese di una festa più italiana di quanto pensiate” (era un libro Einaudi, in caso di analfabetismo serve come clava).
Le zucche intagliate volano e sputano roba arancione in “The House with a Clock in Its Walls” (titolo italiano: “Il mistero della casa del tempo”, uscita il 31 ottobre). Eravamo prevenuti, lo confessiamo volentieri. Avevamo letto “La pendola magica” di John Bellairs in una vecchia edizione illustrata dall’americano Edward Gorey, ribattezzato dai fan “Gory Gorey”. Per dire, quando ha avuto voglia di disegnare un abbecedario, ha prodotto “I piccini di Gashlycrumb” (Adelphi): la filastrocca comincia “A come Amy che cadde dalle scale, B come Basil assalito dall’orso…” e va avanti così fino alla Z, 26 morticini in tutto. Ora sappiamo perché lo splatter-man Eli Roth ha scelto la vicenda dell’orfanello nella casa stregata. Purtroppo, pilota la materia nella direzione “film per famiglie, per l’horror rivolgersi altrove” (Cate Blanchett e Jack Black vorranno scusarci, si danno molto da fare e sembrano crederci).
Le zucche intagliate esplodono in “Halloween”. E ci mancherebbe, visto che si tratta del film titolare della giornata (nelle sale italiane il 25 ottobre, giocando d’anticipo). Per contorno, giornalisti di inchiesta che indagano sull’assassino seriale. E’ la prima volta che un podcast compare in un film dell’orrore, peccato che i due siano l’idiozia fatta reporter. Dirige David Gordon Green, finora regista di culto festivaliero, e di nuovo la storia se ne va alla deriva. In questo caso, per troppa cura autoriale e troppe spiegazioni: l’horror funziona meglio quando è sporco e frettoloso.
L’apertura della Festa 2018 (fino al 28 ottobre) era toccata a “Sette sconosciuti a El Royale” di Drew Goddard, regista che tenta il percorso inverso. Dai film dell’orrore – “Quella casa nel bosco” univa con un colpo di genio la casa-trappola e la casa del Grande Fratello – alle storie dove “un albero non è mai un albero, sta sempre per qualcos’altro” (adattiamo quel che disse Anthony Burgess, quando gli chiesero perché non amava il teatro). In un albergo “doppio”–- metà in Nevada, metà in California – arrivano sette individui: si presentano in un modo, e scopriamo che sono tutt’altro. Lo sappiamo dai flashback, o dalle scene che si ripetono cambiando prospettiva. Poteva mancare il monito “nulla è come sembra”? Certo che no. Ma la mortalità è altissima: quasi nessuno sopravvive alla redenzione quel tanto che basta per godersela un po’.