La storia dei "Golden Globe che tracciano la via per gli Oscar" ha stancato
Quando una cosa sembra l’effetto della precedente anche se non c’entra nulla. Per la kermesse occhio a “La favorita” di Yorgos Lanthimos e “Roma” di Alfonso Cuaron
Bisognerà una volta risalire all’origine della leggenda “I Golden Globe tracciano la via per gli Oscar”. Sospettiamo l’abbiano messa in giro i giornalisti della stampa estera a Los Angeles che ogni anno assegnano il premio (l’altro ieri le nomination, la cerimonia sarà il 6 gennaio, con attori registi produttori seduti ai tavoli, e champagne a volontà). Altro motivo non sembra esserci, se non la questione del “post hoc ergo propter hoc”. Una cosa che viene dopo un’altra – in questo caso gli Oscar da assegnarsi il 25 febbraio 2019 – sembra l’effetto della precedente anche se non c’entra nulla.
Gli Oscar intanto hanno perso il loro presentatore, l’attore nero Kevin Hart. Annunciato un paio di giorni fa e già costretto a rinunciare per vecchie battute omofobe (ma se le fa un nero sono ugualmente offensive oppure un po’ meno? Non si potrebbero pareggiare con qualche battuta razzista pronunciata dai gay? Oppure vietiamo tutte le battute, incluse quelle dei giornalisti che ironizzano sulla correttezza politica?). I Golden Globe saranno presentati dall’attrice Sandra Oh, nata a Ottawa da genitori coreani, e dal comico Andy Samberg (se non si fa scappare qualche parola di troppo).
Siccome ormai il primo bilancio che si fa riguarda l’inclusione, la stampa estera a Hollywood ha trascurato “First Man” di Damien Chazelle (regista maschio che racconta il primo americano sulla luna) e si è incapricciata di “Green Book”. Il regista è Peter Farrelly fratello di Bobby, insieme avevano diretto “Tutti pazzi per Mary”. Immaginate “A spasso con Daisy” – antipatica vecchietta bianca che prima battibecca e poi fa amicizia con l’autista nero – riproposto con un bianco povero alla guida e un pianista nero di successo come passeggero. Siamo negli anni 60, quando davvero esisteva un “The Negro Motorist Green Book”, per automobilisti neri che volevano mangiare e dormire in posti amici. Gli attori, candidati assieme al film, sono Viggo Mortensen e Mahershala Ali.
Hanno dimenticato “Widows” di Steve McQueen, britannico ma nero anche lui, lamenta la stampa americana (non ne sentiremo la mancanza, è il classico film d’artista che indugia su tutto, e si pone come campione di femminismo – ma dobbiamo farcelo insegnare dai maschi neri?). Non hanno dimenticato, per fortuna, i due titoli più belli visti alla Mostra di Venezia. Il molto finora vantato “Roma” di Alfonso Cuaron (regista, sceneggiatura, film straniero perché parlato in spagnolo). E il poco vantato – finora, uscirà a gennaio – “La favorita” di Yorgos Lanthimos. Dimenticate il regista, i suoi titoli precedenti erano pessimi. Ma qui, grazie a una sublime sceneggiatura e al trio di attrici Emma Stone, Rachel Weisz, Olivia Colman (Coppa Volpi a Venezia) ha congegnato una guerra tra dame che aprirà in bellezza il 2019.
Politicamente corretto e panettone