Torna il Grande Lebowski, o forse no, ma chi se ne frega

Un breve video di Jeff Bridges nei panni del Drugo illude su un possibile sequel del film dei fratelli Cohen. Ma se anche non fosse, ci siamo comunque sentiti meglio nel rivedere il nostro "eroe"

Luca Gambardella

E’ bastato un video di 15 secondi per fare sussultare milioni di appassionati in tutto il mondo. Un tweet di Jeff Bridges, con quell’inconfondibile maglione beige, i pantaloni a righe, gli occhiali da sole. La sua camminata dinoccolata accompagnata dalle note di “The man in me” di Bob Dylan. E poi una risatina, con quello sguardo che dal basso verso l’alto sembra dirci “chi se ne frega”. Drugo is back. O forse no, non esattamente. Ma in fondo chi se ne frega. “Can’t be living in the past, man. Stay tuned!”, twitta Bridges, fresco di Golden Globe alla carriera. “Se sono fortunato sarò associato al Drugo per il resto della mia vita. Sono onorato di aver fatto parte di quel film”, aveva detto l’attore – uno dei più sottovalutati di Hollywood – quando ha ricevuto il premio.

  

C’è una data misteriosa alla fine del video: 3 febbraio 2019. Anche se in molti hanno sperato in un sequel del Grande Lebowsky – con tutte le perplessità che accompagnano un’ipotetica nuova puntata di un film leggendario come quello dei fratelli Cohen – in realtà sembra che le cose stiano diversamente. La notte tra il 3 e il 4 febbraio ad Atlanta si giocherà il Superbowl, con la sfida tra i New England Patriots e Los Angeles Rams. Insomma, sembrerebbe che il tweet di Bridges annunci solo uno spot pubblicitario che dovrebbe essere trasmesso durante la partita di football più seguita al mondo. Ma in fondo, il fatto che il Drugo sia tornato, anche solo per pochi secondi, ci ha confortato. Nel caos generale di questi anni, dove tutto ci confonde rendendoci più soli, ecco che arriva lui. Nel video di Bridges, l’eroe sembra passare di lì per caso e con le sue ciabatte calpesta i cocci e i vetri rotti del nostro tormentato mondo quotidiano. Drugo è così, guarda il mondo da un passo di distanza, col suo modo di fare da “mezza sega”, né sbronzo né sobrio. Mentre attorno a lui la gente rapisce, ruba, muore, lui vorrebbe solo giocare a bowling, bere White Russian e riavere indietro il suo “maledetto tappeto”. “È bello sapere che lui è in giro, ‘il Drugo’, che la prende come viene, per noi peccatori”, dice lo straniero (Sam Elliott) nel monologo finale del film.

 

Anni fa, Tara Reid aveva illuso tutti i fan, soprattutto quelli più accaniti (ne sono spuntati tantissimi in tutto il mondo, gente che si raduna periodicamente indossando gli abiti identici a quelli dei personaggi del film, reinterpretandoli). Nel 2011 l’attrice – è quella che interpreta Bunny, per intenderci – aveva dichiarato in un’intervista che il sequel del Big Lebowski era già in cantiere. Erano stati gli stessi fratelli Cohen a smentirla. “Tara Reid ama annunciarlo come Clooney ha annunciato Ave, Cesare! In questo caso, non credo che la asseconderemo”. D’altra parte lo aveva già scritto il critico cinematografico Roger Ebert quasi dieci anni fa: “Il Grande Lebowski è un modo di essere, non una storia”. E quindi l’ipotesi del sequel sarebbe un non senso. Perché il messaggio che l’eroico Jeffrey Lebowski voleva mandare al suo pubblico, alla fine del primo (e ultimo?) capitolo della sua epica, è già chiaro e non ha bisogno di altre puntate: “Drugo sa aspettare”.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.