“C'era una volta… a Hollywood” e le altre speranze a Cannes
Quentin Tarantino è stato annunciato in concorso al festival, in un programma sulla carta non troppo avvincente
Solo un genio del male come Quentin Tarantino poteva scegliere Brad Pitt come controfigura di Leonardo DiCaprio. Guardiamo il trailer del film che andrà a Cannes, “C’era una volta… a Hollywood” – un lusso, per mesi abbiamo fantasticato su una sola fotografia, ma il reparto costumi aveva fatto un lavoro super, dolcevita giallo e giacca di pelle tendente al color carota – e speriamo che il regista non tenga fede al suo proposito di smettere al decimo film.
Ammesso che si riesca a calcolare quale sarà il decimo film. Per esempio, “Kill Bill” vale uno o vale due? Tarantino però era stato perentorio, come si conviene quando la scadenza è lontana: “Non voglio invecchiare sul set, di solito gli ultimi quattro titoli di un regista sono da buttare”. Meno male che Manoel De Oliveira è già nel paradiso dei cineasti, dove sicuramente annoierà i malcapitati che condividono la sua nuvoletta da qui all’eternità.
Siamo a Los Angeles nel 1969, Leonardo DiCaprio era un tempo famoso per una serie televisiva western, con Brad Pitt che prendeva le botte al posto suo. Vorrebbero entrare nel luccicante mondo del cinema, ma all’epoca non era così facile. Gli attori che venivano dalla televisione erano considerati meno di niente, figuriamoci gli stuntman. Il cinema stava cambiando, i figli dei fiori stavano fiorendo, e nei dintorni c’era qualche pazzo furioso come Charles Manson. Fa solo da sfondo? È la sua storia? Le ipotesi si sono fatte e poi smentite, assieme ai nomi degli attori che entravano nel cast, e poi ne uscivano. Di sicuro, sarà Margot Robbie a fare la parte di Sharon Tate, che poveretta incontrò Manson sul suo cammino.
Quentin Tarantino è stato annunciato in concorso al festival di Cannes (apre il 14 maggio e durerà fino al 25). Fuori tempo massimo, in un programma sulla carta non troppo avvincente. Ma non si sa mai: nel 2012 perfino l’impegnatissimo Ken Loach tirò fuori una divertentissima commedia intitolata “La parte degli angeli”. Sempre giovanotti sbandati, per carità, ma era un film, non un messaggio contro la globalizzazione (con frecciatine a Tony Blair, odiato da Ken il rosso più di Margaret Thatcher). Le altre speranze sono riposte nei registi che ancora non conosciamo (né sotto il profilo della noia, né sotto quello delle fissazioni: per esempio, Terrence Malick porta la storia di un obiettore di coscienza antinazista, chissà, non ci sarà il brodo primordiale perlomeno).
Litigi furibondi su Alain Delon, scelto per ricevere la Palma d’oro alla carriera. Le femministe americane e francesi hanno protestato. Colpevole – in questo ordine, sembra – di trattare male le donne, di essere contrario al matrimonio gay, di collocarsi politicamente vicino al Front National. Il direttore del Festival, Thierry Frémaux, non ha fatto marcia indietro. Lo sbadiglio, quando se ne parlerà e riparlerà, è assicurato.
Politicamente corretto e panettone