Che noia, la Croisette
I film con i non morti li hanno fatti tutti, ma qui siamo al corso “cinema impegnato per principianti”
Ancora uno sforzo, registi di culto. Vi hanno celebrati e applauditi, ma non sarà sempre così (o almeno non possiamo garantirlo). Nel frattempo, un consiglio: date un’occhiata al pop, c’è un sacco di roba interessante là fuori. Jim Jarmusch ha aperto il festival di Cannes con il suo film sui morti viventi, “The Dead Don’t Die”. All’annuncio, ci eravamo chiesti: cosa avrà di interessante o di nuovo da dire il regista di “Patterson” – tesi: la poesia è dappertutto, la scrivono i conducenti di autobus tra una fermata e l’altra – dopo nove stagioni di “The Walking Dead”? (e non è finita, sta arrivando la decima).
Visto il film, da spettatori perplessi abbiamo ricordato l’incidente in cui è incappato qualche settimana fa Ian McEwan. Il suo ultimo romanzo “Machines Like Me” racconta un universo alternativo in cui Alan Turing non ha mangiato la mela avvelenata (nel tempo guadagnato ha inventato internet) e J. F. Kennedy non è stato assassinato. E si interroga sull’Intelligenza artificiale. Nelle interviste, ha fieramente dichiarato: “Non è fantascienza”. Sciocchezza clamorosa: Philip K. Dick parlava delle stesse cose negli anni Sessanta e Settanta, con tanta immaginazione che ancora adesso traccia la strada. Se Ian McEwan non lo ha letto, problema suo (tra l’altro, Dick ormai sta da tempo nel salotto buono della letteratura).
Jim Jarmusch fa lo stesso. E viene inchiodato da Variety con un magnifico sommarietto: “Compiaciuto, il regista si congratula con se stesso per aver fatto quel che altri film hanno fatto prima e meglio”. Compiaciuto, e attorniato dalle sue star: Tilda Swinton, Elle Fanning (che sta imparando benissimo la lezione da Grace Kelly), Chloe Sévigny, Selena Gomez. I film di zombie hanno anche questo vantaggio: puoi prendere tanti attori, perché i risuscitati hanno sempre fame e divorano il surplus prima che lo spettatore si chieda “non servirebbe anche una trama?”
Centerville è il nome della cittadina, sono di pattuglia gli agenti Adam Driver e Bill Murray, in una nobile gara di impassibilità. Succedono cose strane: spariscono i conigli, i gatti non tornano per cena, i cellulari si scaricano all’improvviso, i telegiornali parlano di spostamento dell’asse terrestre, colpa del fracking polare. Che nostalgia, per quando gli zombie tornavano sulla terra perché “non c’era più posto all’inferno”.
Jim Jarmusch ha deciso che dopo George Romero in materia di zombie non è successo niente. Apre il film inquadrando il cimitero di “La notte dei morti viventi”, girato dal campionissimo nel 1968. Messaggio ricevuto, abbiamo una buona mezz’ora per far conoscenza degli abitanti: il proprietario del motel, Steve Buscemi con il cappellino “Make America White Again”, la cameriera della tavola calda, il nerd che gestisce la pompa di benzina con annessa rivendita di fumetti horror. C’è anche una becchina che ha appena preso servizio: Tilda Swinton, orecchie da elfo e accento scozzese.
Era riuscito molto meglio “Solo gli amanti sopravvivono”, l’esercitazione di Jim Jarmusch in materia di vampiri (forniva deliziosi ghiaccioli di sangue, per le notti estive). Dopo un po’ di giri a vuoto – e qualche giochetto, l’agente Murray e l’agente Driver discutono sul finale della sceneggiatura, fermi in macchina e circondati da zombie famelici – “The Dead Don’t Die” urla il suo messaggio. Gli zombie siamo noi: consumisti, sfruttatori del pianeta, in cerca di un wi-fi anche dopo morti. Benvenuti al festival di Cannes, sugli schermi la prima lezione del corso “cinema impegnato per principianti”.
Politicamente corretto e panettone