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C'è un nuovo cinema all'orizzonte?
La rivoluzione che minaccia le sale cinematografiche e mette a rischio il destino dei film indipendenti
“Sta accadendo, ora”. “Non ho mai avvertito tanta energia e nervosismo, ogni giorno di più”. “O ti adatti, o sei finito”. Scordatevi l’estate italiana promessa da Moviement, qui siamo indietro (almeno) di una rivoluzione – quella cosa che in Italia riesce male perché ci conosciamo tutti, quindi guai a far notare che stanno uscendo scarti di magazzino, i meno adatti per convertire gli spettatori al cinema d’agosto. Dell’ultima rivoluzione che minaccia le sale cinematografiche e mette a rischio il destino dei film indipendenti – nel senso americano, non nel senso nostro della chicca tanto chicca che nessuno la vorrà vedere mai – parla il New York Times. Da lì abbiamo preso le frasi in apertura, tutt’altro che rassicuranti. Tanto più che vengono da registi che il nuovo l’hanno saputo cavalcare: J. J. Abrams di “Lost” e poi di “Star Wars: L’ascesa di Skywalker”, e Jason Blum, produttore di “Whiplash” (il film che ha lanciato Damien Chazelle) e di “Get Out” (il film che ha lanciato Jordan Peele).
Titolo dell’articolo: “Riusciranno i film (come li intendiamo adesso) a sopravvivere nei prossimi dieci anni?”. Gli intervistati sono 24, con un’attenzione ai neri, alle donne, agli asiatici, ai registi ancora capaci di fare incassi. E’ palpabile la delusione di Paul Feig, regista di commedie come “Le amiche della sposa”. Con “Un piccolo favore” ha incassato 50 milioni di dollari, la sua media era sopra i 100: “Forse era meglio metterlo direttamente in streaming”. Gli americani vanno in media al cinema 4 volte l’anno, esaurite dai supereroi e dall’ennesimo “Star Wars”. Manca la spinta a uscire di casa per una commedia (nel caso neppur tanto riuscita, con tocchi di thriller). “La spinta si trova, assieme ai soldi per la baby sitter”, sostiene Tom Rothman, presidente di Sony Pictures. E rovescia la prospettiva: in un mondo dove tutto è on demand, da vedere quando si vuole, i film resisteranno perché non sono a portata di mano. Se volete Leo DiCaprio e Brad Pitt in “C’era una volta a Hollywood” di Quentin Tarantino – “la più smagliante coppia di star dopo Robert Redford e Paul Newman in “Butch Cassidy”, aggiunge – organizzatevi e uscite di casa. Come per un concerto, o a uno spettacolo dal vivo.
Jeffrey Katzenberg – aveva fondato con Steven Spielberg la Dreamwork, ora sta lanciando Quibi, piattaforma streaming per cellulari – mette le cose in prospettiva. Forniremo – dice – prodotti di terza generazione. La prima generazione proponeva storie lunghe due ore da vedere al cinema. La seconda generazione proponeva storie lunghe un’ora da guardare in tv. Il futuro secondo lui è misto: storie di due ore spezzettate in capitoli (dice proprio così, “capitoli”) di sette/dieci minuti. Come i video che guardiamo su YouTube. O come minuscoli romanzi a puntate.
Politicamente corretto e panettone