Per ringiovanire Al Pacino servirebbero i tecnici de “Il re leone”
L'ultimo film di Scorsese ha un problema più grande dei debiti: svecchiare il cast. Una proposta
Modesta proposta. Forse neppure tanto modesta. Risolverebbe un paio di problemi in materia di cinema. “The Irishman”, l’ultimo film di Martin Scorsese costato ormai un fantastiliardo, non sarà neppure alla Mostra di Venezia. Si era parlato di 150 milioni quando il progetto da anni coltivato si stava arenando per la fuga dei finanziatori, e Netflix ha preso il comando (e i debiti). Adesso pare siano saliti a 200 – per fare un confronto “Solo: A Star Wars Story” di Ron Howard, con tutti i suoi effetti speciali, ne è costati 275 e ne ha incassati 393. Non sarà al Lido e non ha una data d’uscita in streaming: soltanto un generico 2019, e i mesi a disposizione ormai sono pochini. Per dire: i trailer si sono visti a febbraio, poi soltanto pettegolezzi.
Il problema è il ringiovanimento degli attori. Martin Scorsese ha scritturato Al Pacino, Robert De Niro, Joe Pesci. Il film racconta la morte del sindacalista Jimmy Hoffa, ucciso – senza lasciare cadavere – dal killer Ed Sheeran più noto come “l’irlandese”, gran doppiogiochista. Per esigenze di copione gli attori suddetti devono apparire più giovani della loro età (sempre un bel problema come l’invecchiamento, di competenza dei reparti trucco e parrucco, con risultati a volte devastanti: ricordate quanta colla avevano messo sulla fronte di Leonardo DiCaprio per farlo somigliare a J. Edgar Hoover, capo dell’FBI?). I responsabili degli effetti speciali – aiutati da schiavi al computer – si stanno dannando per ottenere il giusto effetto. E non farli sembrare plasticosi e inespressivi come gli umani nei film d’animazione.
La modesta proposta, eccola qua. Sia licenziata la squadra che sta lavorando su “The Irishman”, e sia sostituita dalla squadra che ha fabbricato “Il re leone”. Gente che dal nulla – insomma, da programmi per computer che neanche riusciamo a immaginare nella loro sofisticheria e potenza – sa tirare fuori leoni e leoncini così perfetti che sembrano filmati nella savana, sarà capacissima di tirare fuori un De Niro giovanotto. O di cancellare le rughe a Al Pacino.
Risolto il primo problema (e speriamo non venga fuori uno di quei film che per essere stati covati troppo a lungo si guastano), sarà risolto anche il secondo. La squadra per un po’ smetterà di rifare in live-action – si fa per dire, sono reali quanto la realtà virtuale – i film d’animazione. “Bring Back The Animation” – ridateci i disegni animati, anche quelli che una matita e un pennarello non li hanno mai visti – scrive Bilge Ebiri su Vulture. L’unico appello che nella vita abbiamo mai avuto voglia di firmare. “Il re leone” era divertente perché Simba, e la coppia comica Timon & Pumbaa, erano disegnati per renderli espressivi. Ora che sembrano usciti da un documentario sulla natura sono meno interessanti. Rientrano nella categoria “animali parlanti”, che da sempre abbiamo in antipatia.