The Joker e i film con l'interpretazione incorporata
Una volta il cinema di genere raccontava storie senza cincischiare, adesso spiega tutto per filo e per segno. Ultimo esempio l'opera di Phillips dove la bravura di Joaquin Phoenix ostacola la sofferenza per le epiche sfighe del personaggio
Per decenni i film di genere - baccelloni, western, horror, pure supereroi - raccontavano storie senza cincischiare. Sciogliere le allusioni, afferrare riferimenti e citazioni, decifrare le psicologie, era lavoro per lo spettatore. Se gli andava di farlo. I baccelloni che clonavano gli umani potevano essere i sovietici, in tempi di guerra fredda, ma chi voleva guardare il film senza dietrologia era libero di farlo. Animali e piante erano ingigantiti per colpa della radiazioni, ma anche i favorevoli al nucleare potevano godersi il film.
Fine del divertimento. Dobbiamo essere diventati più stupidi, ormai i film arrivano con l’interpretazione incorporata. Spiegano tutto per filo e per segno, impossibile scamparla. Ultimo esempio pervenuto, “The Joker” di Todd Phillips (in concorso alla Mostra di Venezia, attesissimo, e già si sussurra che potrebbe vincere se non il Leone un premio per Joaquin Phoenix). L’arcinemico di Batman - al suo meglio in “The Dark Knight” con Heath Ledger, non era male neanche Jack Nicholson - ha avuto come quasi tutti un’infanzia infelice. Qualche volta butta bene - l’orfano Bruce Wayne mascherato da pipistrello ripulisce Gotham City dai cattivi. Altre volte butta male, e abbiamo il Joker: faccia pitturata da clown, ghigno, un macabro senso dell’umorismo.
L’antagonista di Batman era stato così concepito quando i pagliacci erano amici dei bambini, prima che Stephen King scrivesse “It”, rovinando la loro reputazione. “Joker” racconta “l’infanzia schifa”, il lavoro all’agenzia che noleggia clown, il tentativo di sfondare come comico, la mamma a carico, la perenne risata che non è felicità bensì malattia. La clamorosa bravura di Joaquin Phoenix - sempre in scena da Grande Narciso - ostacola la sofferenza per le epiche sfighe del personaggio. Tra molta spazzatura e ratti metropolitani (siamo negli anni 80) i cittadini incazzati scendono in piazza con le maschere da clown. C’è anche il risvolto sociale. Non son più supereroi, son portatori di messaggi in film che puntano all’Arte.