Anche le giurie rinsaviscono (per fortuna)
Alla Mostra di Venezia quasi tutti i premi sono azzeccati. Leone d'oro a “Joker”. Polanski, dopo le dichiarazioni da impeachment della presidente Lucrecia Martel, vince il Leone d'argento. Coppa Volpi per il miglior attore a Luca Marinelli
Neanche le giurie son più quelle di una volta. Per fortuna. Magari fanno proclami sconsiderati - le dichiarazioni della presidente Lucrecia Martel su un film in gara, anche se non fosse stato “J’accuse” di Roman Polanski, erano da impeachment. Ma poi rinsaviscono, e alla Mostra di Venezia azzeccano quasi tutti i premi. Dimenticando perfino le quote rosa. Il premio Marcello Mastroianni per il migliore attore emergente è andato a Toby Wallace per “Babyteeth”, opera prima della regista australiana Shannon Murphy. Bravo, ma era altrettanto brava, e altrettanto emergente, la co-protagonista Eliza Scanlen.
Il Leone d’oro è andato a “Joker” di Todd Phillips, già regista della trilogia “Una notte da leoni” (il titolo originale era “The Hungover”, il cerchio alla testa da doposbronza). Ha accettato una sfida gigantesca - raccontare l’origine dell’arci-nemico di Batman - e l’ha vinta con l’aiuto di un geniale Joaquin Phoenix che sicuramente vincerà l’Oscar (ci sarebbero anche le tre statuette di “The Green Book” da far dimenticare, grazie). Critici contenti e lo sarà anche il pubblico (sghignazzerà in sala dal 3 ottobre). Era successo l’anno scorso con “Roma” di Alfonso Cuarón, e due anni fa con “La forma dell’acqua” di Guillermo del Toro. Bisognava anche sfatare la leggenda che il cinema americano a Venezia vincesse solo se mezzo messicano.
Emmanuelle Seigner, moglie di Roman Polanski, con il Leone d'argento vinto dal regista con il film “J'accuse” (foto LaPresse)
A Roman Polanski è andato il Leone d’argento, per un film magnifico che racconta il caso Dreyfus visto dall’ufficiale che fece riaprire il caso e chiese a Emile Zola di scatenare la stampa contro le gerarchie militari che avevano falsificato le prove. Scelta astuta, evita la commozione e punta il faro sulle macchinazioni e l’antisemitismo in Francia tra otto e novecento. “J’accuse” uscirà a novembre, con il titolo “L’ufficiale e la spia”. Oltre ai pregiudizi vinti, non si sa se per amor del film o per il fatto che i produttori erano pronti a dissotterrare l’ascia di guerra, grazie per aver premiato un titolo che possiamo consigliare.
Luca Marinelli con la Coppa Volpi per il miglior attore (foto LaPresse)
Ariane Ascaride ha avuto la Coppa Colpi come migliore attrice, dedicandola al nonno immigrato da Napoli a Marsiglia su una nave. Il film è “Gloria Mundi”, ennesimo grido di dolore del regista Robert Guédiguian per i suoi poveri, con un cast sempre dolente, la premiata non fa eccezione. Aveva già evocato navi e migranti e varia umanità - dopo aver minacciato “non sarò breve” - Luca Marinelli con la Coppa Volpi per il migliore attore. Se lo merita: Pietro Marcello in “Martin Eden” gli fa dire battute, fare gesti e sfoggiare mèche che avrebbero stroncato un attore meno bravo. Il film - già in sala - resta velleitario e “alchemico” (mai un buon segno, quando nelle note di regia vanno parole in libertà).
Premio Speciale della Giuria al film di Franco Maresco (che al Lido non ha messo piede): “La mafia non è più quella di una volta”, nelle sale da giovedì prossimo. Dopo lo scroscio di applausi a fine proiezione, un po’ di paura: “I giurati stranieri non capiranno”. Hanno capito benissimo. Nessuno potrebbe resistere a un giovanotto finito in coma dopo un incidente, che a Falcone e a Borsellino attribuisce il suo risveglio: “Mi sono apparsi in sogno e mi hanno detto: ‘Alzati e canta’”.
Politicamente corretto e panettone