Il traditore di Bellocchio è il film italiano in corsa per l'Oscar
Avvincente, ben riuscito e a suo modo spettacolare, racconta vent'anni di vita del "boss dei due mondi" Tommaso Buscetta. Ha già incassato oltre 4,7 milioni di euro al botteghino e vinto sette premi ai Nastri d'argento. Nomination il 13 gennaio
Sarà Il Traditore di Marco Bellocchio il film italiano candidato agli Oscar nella categoria "International Feature Film Award". Lo ha deciso la commissione di selezione per il film italiano da designare alla 92ma edizione degli Academy Awards, istituita dall’Anica lo scorso giugno su incarico dell'Academy of motion picture arts and sciences. La commissione era composta da Roberto Andò, Laura Bispuri, Stefano Della Casa, Daniel Frigo, Gianni Quaranta, Mario Turetta, Alessandro Usai, Anne-Sophie Vanhollebeke Alessandra Vitali. L’annuncio delle nomination è previsto per il 13 gennaio 2020, mentre la cerimonia di consegna degli Oscar si terrà a Los Angeles domenica 9 febbraio 2020. Il Traditore ha già incassato oltre 4,7 milioni di euro al botteghino e vinto sette premi ai Nastri d'argento.
L’Italia candida “Il Traditore” di Marco Bellocchio per la corsa agli Oscar. La cerimonia di consegna delle statuette si terrà a Los Angeles il 9 febbraio 2020https://t.co/qhMeUQ7g9Z pic.twitter.com/21C24zlGQw
— askanews (@askanews_ita) September 24, 2019
Doppiatelo e intitolatelo “Il padrino - parte IV”, farà un mucchio di soldi. Dava il consiglio – via tweet – un critico americano che pur sforzandoci non riusciamo a ritrovare. A Marco Bellocchio farà molto piacere e un po’ dispiacere. Piacere, perché non capita tutti i giorni di essere paragonati a Francis Ford Coppola (quando era bravo, gli ultimi film girati in libertà sono un riuscitissimo spot a favore dei produttori). Dispiacere, perché l’intenzione non era girare un film sulla mafia ma un film di impegno civile. Siccome le intenzioni non sono tutto, “Il traditore” è avvincente, ben riuscito e a suo modo spettacolare, fino alla messa in scena del maxiprocesso avviato grazie alle dichiarazioni di Buscetta. Quando inizia il processo contro Giulio Andreotti, entra l’ideologia e il cinema ne esce un po’ ammaccato (però funziona come magnifico acchiappaapplausi, lo è stato anche al Festival di Cannes dove era l’unico film italiano in concorso).
Tommaso Buscetta è Pierfrancesco Favino, mai così bravo – quando i ruoli sono ben scritti, gli attori hanno materiale su cui lavorare. Vale anche per il resto del cast, e una menzione speciale va ai dialoghi in siciliano stretto (quello vero, non la lingua reinventata da Andrea Camilleri). Una nota di demerito è invece già pronta per chi sostiene: “Siamo obbligati a doppiare i film, gli spettatori non vogliono i sottotitoli”: com’è che non li vogliono quando il film è in inglese, e invece vanno benissimo quando il film è in dialetto?
Continua a leggere la recensione di Mariarosa Mancuso qui
Effetto nostalgia
Né Avetrana né Hollywood: viva Pavia e la serie sugli 883
L'editoriale del direttore